PoliticaInseime.com, 23 agosto 2023. Sarà stato forse per l’ambito in cui si svolge l’evento se degli sprazzi di verità sono emersi al Meeting di Cl di Rimini con gli interventi, prima, del Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e, poi, del collega Raffaele Fitto. A leggere in controluce le loro dichiarazioni non si può non essere preoccupati. A conferma di quel che si diceva qualche giorno fa del rintocco della campana che Ernest Hemingway invitava sempre a non sottovalutare. E bisogna, per questo, davvero ringraziare due ministri così importanti della compagine Meloni. Anche se, tra le loro file, stanno certamente smuovendo i solidi convincimenti dei soliti inebriati di ideologia i quali, poi, finiscono per accusare gli altri di ideologismo.
I numeri e la situazione concreta non ammettono repliche. E questo può spiegare i silenzi di Giorgia Meloni stretta com’è tra la dura realtà delle cose e un’armata con cui ha vinto le elezioni, ma non andando oltre, nei contenuti e nei metodi, quella bolla in cui è oramai ridotta la politica in generale. E la destra non ne è proprio immune, ma oggi governa. E al momento del dunque vedremo se l’inebriazione e il continuo richiamarsi ad una vittoria assicurata sulla base del voto effettivo di meno del cinquanta per cento degli italiani serviranno a qualcosa. Cioè a governare.
E governare è sì paragonabile all’Otto volante, come la Meloni dice nella solita intervista senza contraddittorio rilasciata in solitaria ad un settimanale. Anche se lo dice come se il governare da Palazzo Chigi fosse cosa iniziata per la prima volta nella storia il 22 settembre del 2022, quando lei ci s’insidiò.
Governare non è autocelebrarsi e autocompiacersi per quel che si ascolta la sera dai telegiornali, ovviamente sfornati più che da veri giornalisti, cioè quelli del contraddittorio e dell’analisi, da autentici gazzettieri che raccontano una storia dell’Italia e degli italiani tutta diversa da quella vera.
Così, continua a riproporsi il quesito: la Presidente del consiglio sta con i ministri che saggiamente lanciano grida d’allarme o con la retorica di quelli, e lei ne ha tanti accanto, che pensano ad un regime da mettere in piedi a dispetto di tante cose, a partire dall’Europa? O pensa solo alla chimera del rovesciamento degli equilibri europei?
La realtà cogente è quella dell’Europa cui Fitto fa riferimento, consapevole di quanto sia assolutamente necessario raggiungere un accordo con Bruxelles. Perché l’Italia non può permettersi altro: pena il ritorno a quelle che chiama le vecchie regole. Quelle su cui per anni hanno insistito un Nord Europa e centro orientale pieni zeppi, pure, di tante amiche ed amici sia di Giorgia Meloni, sia di Matteo Salvini, fortunatamente ridimensionati dal cosiddetto “accordo Ursula”, per l’esistenza del quale il quale l’Italia dovrebbe ringraziare il cielo. E basti riferirsi al periodo della pandemia Covid, al varo del Next Generation Europe e il conseguente Pnrr.
Continuiamo ad essere la democrazia europea più afflitta da debiti. Abbiamo appena saputo che pure la Meloni non è venuta meno alla tradizione di far crescere il debito pubblico. E, così, anche con lei, dopo quasi un anno di governo, siamo riusciti a battere i record precedenti in termini di crescita dei nostri debiti.
Sappiamo dei ritardi con il Pnrr e dell’incapacità strutturale a programmare e a realizzare. Così, siamo costretti solo a sperare che il resto dell’Europa continui ad aspettarci, e ad accettare modifiche su modifiche del Pnrr, perché, alla fine, è anche l’Europa ad avere interesse che l’Italia aumenti la propria quota di Pil. Poi, certo, scopriremo tra qualche anno, ma noi ovviamente continuiamo a sperare che non sarà così, che la gran mole di finanziamenti in ballo non si riveleranno il volano atteso come moltiplicatore in campo di infrastrutture, investimenti ed occupazione. Ma di questo ne parleremo a suo tempo.
Intanto, che il Governo si decida a darsi una linea coerente e spieghi davvero agli italiani che cosa sta facendo e quel che, invece, non potrà fare. Uscendo, finalmente, dall’attendismo e dall’indeterminatezza. Sapendo che non possiamo continuare con questa storia dei cinque anni della durata della legislatura perché il cambio di passo serve adesso. E il primo gesto da fare dovrebbe essere quello di riconoscere che ci si è troppo spinti nel garantire cose che non possono proprio essere realizzate e che è necessario cambiare completamente la nostra spesa per puntare sull’innovazione . Sarebbe un fatto di grande valenza di cultura politica, invece di continuare con ritornelli destinati a misurarsi di ciò che giunge con l’apparir del vero.
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