DECRETO PRIMO MAGGIO: in Abruzzo sarà Vertenza povertà e precarietà

Il decreto che il Governo Meloni ha approvato il primo maggio, di cui non si conosce ancora il testo, rischia di avere anche in Abruzzo un effetto devastante dal punto di vista economico e sociale.

Pescara, 3 maggio 2023. Oltre ad aumentare la precarietà di un mercato del lavoro regionale che non certo brillava per stabilità dei rapporti di lavoro, le novità introdotte in materia di Reddito di Cittadinanza, infatti, se non affrontate immediatamente anche dalle Istituzioni Locali a partire dalla Regione, genereranno enormi difficoltà per quasi 16.000 abruzzesi.

Dei 32.837 beneficiari di Reddito di Cittadinanza in regione (dato di marzo 2023) che hanno percepito un importo medio di 563 €, 15.400 sono quelli che, considerati “occupabili” solo perché con un’età inferiore a 60 anni, da agosto smetteranno di percepire l’attuale sussidio.

Questi, per quanto trapelato, potranno continuare ad avere un sostegno, peraltro molto ridotto (350 € al mese in caso di famiglie con un unico componente), solo nei mesi in cui seguiranno corsi di formazione o saranno impiegati in attività socialmente utili.

Corsi di formazione e progetti che attualmente sono fermi al palo se non in rari casi. È quindi necessario che da subito Regione, comuni ed enti locali attivino dei percorsi che evitino di far cadere nell’assoluta indigenza migliaia di famiglie. Misure, peraltro, sicuramente insufficiente considerati gli importi a disposizione e che dovrebbero quindi aprire una riflessione tra gli amministratori locali affinché i propri rappresentati cambino la misura in Parlamento

rispondendo a quelle che sono davvero le esigenze sociali dei territori.

Da tempo denunciamo che a non aver funzionato del reddito di cittadinanza è stata l’effettiva possibilità per i percettori di trovare un’occupazione, ma il forte taglio deciso dal Governo va nella direzione opposta: non è certo riducendo il sostegno ai più poveri che si generano posti di lavoro.

Resta tra l’altro l’incognita di cosa accadrà a chi attualmente percepisce il reddito di cittadinanza ad integrazione di un reddito da lavoro povero (8.600 a marzo in Abruzzo) il cui stipendio non è sufficiente per vivere e che da agosto potrebbero essere condannati alla povertà pur lavorando.

Carmine Ranieri, Segretario Generale CGIL Abruzzo Molise

Mirco D’Ignazio, Coordinatore regionale INCA CGIL Abruzzo Molise

Foto: Il Foglio




QUESTO PAZZO MONDO!

Editoriale marzo 2023

Siamo alla frutta? Macché! Ormai siamo all’amaro: il gusto più italiano che ci sia! D’altronde è il gusto che meglio caratterizza la cucina italiana, anche se non è di culinaria che desideriamo parlare: l’antifona si riferisce, ahinoi, a come ci siamo ridotti!

Un nostro anziano professore di filosofia, quasi novantenne ma tuttora lucido e attivo, afferma che oggi il mondo va alla rovescia, così come decritto da Ovidio nelle Metamorfosi. Il poeta sulmonese, infatti, in pochi versi descrive mirabilia della natura, cose le più impossibili: gli uccelli deambulano; i fiumi scorrono verso il cielo perdendosi tra le nuvole; i pesci volteggiano; e un marcato obnubilamento della coscienza si diffonde nell’atmosfera. La malvagità umana ha provocato il furore di Giove ed ecco le conseguenze!

Oggi, però, a causare lo scompaginamento del consesso dei popoli, aggiunge il professore, è la corruzione: la patologia più antica che conosca la società. Conseguenza della corruzione è la degenerazione delle ambizioni degli esseri umani, condizionata da bramosie e dissolutezze varie.

O tempora, o mores!

Francamente noi, cresciuti negli anni del boom economico italiano, non ci riconosciamo più in questo mondo! La bimillenaria civiltà giudaico-cristiana ansima, sta morendo mentre una nuova ‘cultura’, quella dell’indifferenza, dell’inverecondia, del globalismo vorace, della deriva della politica, del disprezzo dei valori e delle tradizioni, dell’appiattimento sociale e del qualunquismo dilagante avanza frantumando le vestigia di ciò che di più caro abbiamo ereditato: cultura, tradizioni, senso del pudore e bon ton.

Papa Francesco in occasione del suo recente viaggio in Africa, a Giuba, nel corso della messa celebrata al Mausoleo “John Garang”, ha detto a migliaia e migliaia di fedeli presenti: “Noi cristiani, pur essendo fragili e piccoli, anche quando le nostre forze ci paiono poca cosa di fronte alla grandezza dei problemi e alla furia cieca della violenza, possiamo offrire un contributo decisivo per cambiare la storia“. Ha di seguito precisato: “Gesù desidera che lo facciamo come il sale: ne basta un pizzico che si scioglie per dare un sapore diverso all’insieme”.

Magari fosse possibile contribuire a cambiare la storia! Forse… in un mondo fantastico, ma non nel mondo bislacco in cui ci siamo cacciati.

Questo pazzo mondo!

«Gabbia de’ matti è il mondo» così diceva Tommaso Campanella, che, per scappare al rogo, dopo trent’anni tra processi, fughe, torture e carcere, si è fatto passare per pazzo. Il filosofo stilese, che pazzo non era, semplicemente dissentiva dal pensiero unico dominante dell’epoca, quello dei matti (a suo dire e… non solo), così come accadeva col filosofo e frate domenicano Giordano Bruno, che, purtroppo per lui, finiva al rogo per le sue teorie, giudicate eretiche dal tribunale dell’Inquisizione dello Stato Pontificio.

In sostanza, i due illustri disallineati di allora, e certamente non furono i soli, finirono male per il semplice fatto di non aver condiviso la linea di opinione e l’orientamento ideologico, politico o religioso, all’epoca prevalenti.

I matti s’inciviliscono

Naturalmente, negli anni a venire continuò parimenti la supremazia del pensiero dominante (chiaro, nessun riferimento alla poesia del recanatese Leopardi!), come anche il proliferare dei disallineati di turno, ma la contrarietà all’ortodossia cattolica non venne più perseguita dagli inquisitori e le forme di dissenso politico vennero definite semplicemente ‘opposizione’: beh, col tempo, i matti quantomeno s’inciviliscono!

Tant’è e il mondo cambia: l’opposizione, infatti, rappresenterà per gli opposti il «bastian contrario»; i disallineati non rischieranno più il rogo (la transizione ecologica e Bruxelles oggi non lo permetterebbero!); e la globalizzazione ci trasformerà in massa omologata e impecorita. E non solo, quest’ultima metamorfizza il pensiero dominante in pensiero unico, che, secondo Ignacio Ramonet, coniatore del termine, altro non è che «la trasposizione in termini ideologici, che si pretendono universali, degli interessi di un insieme di forze economiche, e specificamente di quelle del capitale internazionale». In altre parole il pensiero unico è l’astrazione della superiorità del potere economico su quello politico, ovvero il requiem della politica o, se preferite, l’apoteosi della follia.

Sulla correttezza politica

Ma non è finita: c’è di più; la pazzia continua! Al pensiero unico si aggiunge una nuova linea di opinione, che noi definiremmo un ‘meme’, ovvero la correttezza politica (political correctness). Detto termine, di antica data, è variamente inteso nelle diverse epoche e, secondo la definizione corrente, designa ‘una linea di opinione, un orientamento ideologico, nonché un atteggiamento sociale con lo scopo inteso soprattutto nel rifuggire l’offesa o lo svantaggio verso determinate categorie di persone all’interno di una data società’.

Bene, per alcuni si tratta di un conformismo linguistico e di una dittatura ideologica che circoscrive il diritto alla libertà d’espressione e, per altri, di preferenze linguistiche che costituiscono sovente una presentazione rannobilita della circonlocuzione (eufemismo) che maschera i contenuti importuni. Questa è la dicotomia che si è aperta tra i glottologi e i sociologi che s’interessano alla questione. In realtà, dispute a parte, va evidenziato che del politicamente corretto si è fatto cattivo uso e abuso in quanto strumentalizzato per propri fini da determinate correnti di pensiero politico. In sostanza, riassumendo il già detto: tanta prosopopea e pochi fatti! Oltre a ciò, a noi, all’antica, legati a tradizioni e a schemi passati, fatti salvi e impregiudicati i diritti degli odierni interessati, l’abuso del politicamente corretto provoca sconforto e talvolta ci fa pure scappare, tanto per rimanere in tema, un bel «roba da matti!».

In sostanza, il pensiero unico e il politicamente corretto, imposti da quei signori temuti e obbediti, che reggono le sorti della «Gabbia de’ matti», ci infilano in una doppia dittatura: la prima ideologica e la seconda limitatrice della libertà d’espressione. E vi pare poco? Ma, che fare! Il popolo massificato, come narcotizzato, con rassegnata sottomissione sa solo annuire e obbedire!

Il capolinea dell’insensatezza

Morale della favola, il mondo, a fasi alterne, è stato sempre mezzo o tutto matto, ma ora, bisogna convenire, si è giunti al capolinea dell’insensatezza e il guaio è che nella ‘gabbia’ ci stanno, ancor peggio di prima, più matti che savi. Guerre, degenerazioni dei costumi, crisi varie (economiche, climatiche, politiche, religiose, morali) e per finire minacce nucleari altro non sono che le conseguenze della follia umana.

I giovani ormai vivono senza ideali in un mondo alienato e perituro; gli adulti, d’accordo con Giovanni Verga, sono ridotti a materia, la cui unica brama è l’accumulo e il possesso di beni e piaceri materiali; e gli anziani, moralmente stomacati, se ne strafregano di tutto, tanto loro il futuro non lo vivranno!

Insomma, peggio di così…!

Ciononostante, il mondo alla rovescia, per Ovidio, non durerà per sempre: dopo il Diluvio nascerà un’umanità migliore!

Beh, questa è dura da credere: pensate che oggi come oggi ci sia davvero qualcosa in cui sperare? Nel diluvio, col clima «matto» che ci ritroviamo, probabilmente sì, ma nel mondo migliore, con così tanti svitati in giro…!

«Il dubbio è scomodo, ma solo gli imbecilli non ne hanno», asseriva Voltaire.

Siamo dunque scettici, è pur vero, ma l’incredibile istinto di sopravvivenza e la sua imprescindibile forza ci spingono, in certi casi, a pensare positivo: stavolta ci lasciamo trasportare sull’onda di un noto aforisma del filosofo Seneca: «Il timore avrà sempre più argomenti, scegli la speranza».

Giuseppe Arnò

direttore rivista La Gazzetta italo brasiliana  – http://rivistalagazzettaonline.info




IN PIENA MESSA un sacerdote evita un tentato omicidio

Padre Adrián Marzilli, un parroco argentino, stava distribuendo l’Eucaristia quando un individuo si è gettato su una donna armato di un coltello da macellaio

di Esteban Pittaro

Un sacerdote e i fedeli hanno evitato una tragedia senza precedenti in una parrocchia di Lanús, nella zona metropolitana di Buenos Aires (Argentina). Padre Adrián Marzilli, parroco della parrocchia di Nostra Signora dei Lavoratori, stava distribuendo l’Eucaristia quando un individuo si è gettato su una donna armato di un coltello da macellaio.

Per evitare l’omicidio, padre Adrián si è fatto avanti, e con l’aiuto di alcune persone che stavano assistendo alla Messa è riuscito a proteggere la vittima e a disarmare l’assalitore, che ha anche minacciato il sacerdote.

Di fronte a quanto stava accadendo, la donna ha azionato un dispositivo antipanico che aveva con sé e ha chiamato la Polizia. L’assalitore era il suo ex marito, sul quale pesavano già denunce per molestie e violenza e che ha aspettato il momento della Comunione per avvicinarsi e cercare di attaccare la donna.

Quando la signora, di nome Dolores, ha cercato di difendersi, l’aggressore ha provato a ferire il sacerdote puntandogli un coltello alla nuca, riferisce il portale Infobae. Ha anche cercato di ferire sé stesso, cosa che è stata evitata dai membri della comunità.

“È stato un episodio tremendo, e se non fosse stato per l’intervento del sacerdote e dei vicini che erano a Messa oggi staremmo parlando di un altro femminicidio nel Paese”, ha commentato alla stazione radiofonica XLFM Diego Kravetz, capo di Gabinetto e segretario per la sicurezza di Lanús.

L’aggressore, di nome Oscar, è stato arrestato.

La parrocchia di Nostra Signora dei Lavoratori è stata eretta nel 2019, e fino a quell’anno funzionava come cappella dipendente da un’altra parrocchia, Nostra Signora di Fatima.

Situata in un’umile zona residenziale di lavoratori, è a pochi isolati dalla casa natale di Diego Armando Maradona. Il suo primo parroco è padre Adrián, che è anche il vice-consulente nazionale del Movimento Familiare Cristiano.

https://it.aleteia.org/2023/02/12/un-sacerdote-evita-un-tentato-omicidio-in-piena-messa/




PREGARE PER LA VITA diventa reato

Prete arrestato in Gran Bretagna

di Patricia Gooding-Williams

Dopo Isabel Vaughan-Spruce, padre Sean Gough. Non si fermano gli arresti di attivisti pro-life che pregano vicino al centro per aborti della Robert Clinic a Birmingham. E, per rendere la situazione ancora peggiore, il Parlamento inglese sta per approvare una legge che criminalizza la preghiera per i non nati.

Il 7 febbraio padre Sean, un prete cattolico, è stato arrestato e imputato penalmente per «proteste e atti intimidatori verso gli utenti del servizio» in base a un Public Space Protection Order (PSPO: Ordine di Protezione dello Spazio Pubblico). In pratica, la polizia locale lo ha considerato colpevole per aver pregato, in silenzio, all’esterno di un centro per aborti a Kings Norton, durante l’orario di chiusura. Il Crown Prosecution Service (CPS: corrispondente al pubblico ministero, ndt) ha ritirato (per ora) le accuse contro padre Gough, ma ha chiarito che potrebbero essere ripresentate.

Il caso di padre Sean è analogo a quello di Isabel, la donna inglese arrestata a Birmingham lo scorso 6 dicembre per lo stesso crimine: pregare in silenzio nei pressi della Robert Clinic di Birmingham mentre era chiusa. Nel caso di Isabel Vaughan-Spruce, le accuse sono state inaspettatamente sospese il giorno prima dell’udienza in tribunale, il 1° febbraio. Il CPS ha concluso «che non c’era sufficiente evidenza per fornire un realistico quadro accusatorio». Tuttavia, è stata ammonita che le accuse potrebbero essere rinnovate in futuro qualora emergessero nuovi riscontri. Entrambi i casi rimangono aperti e irrisolti.

Isabel Vaughan-Spruce, però, non ha intenzione di lasciare la questione sospesa all’infinito. Ha dichiarato che ha intenzione di ottenere un verdetto chiaro in tribunale riguardo alle accuse contro di lei. Isabel mira a tutelare il proprio nome e proteggere altri attivisti pro-life che dovessero andare incontro a problemi analoghi in futuro. «Molti di noi hanno bisogno di una risposta sul fatto che sia ancora legale pregare in silenzio. Per questo perseguirò un verdetto riguardo alle mie accuse in tribunale», ha detto. «È vitale che io riceva chiarezza sul mio stato legale», ha affermato attraverso una dichiarazione rilasciata dai suoi avvocati dell’Alliance Defending Freedom (ADF) britannica.

La battaglia di Isabel si è fatta più difficile ora che il controverso Public Order Bill (POB: progetto di legge sull’Ordine Pubblico), che consentirebbe l’introduzione di zone cuscinetto intorno a tutte le cliniche abortiste di Inghilterra e Galles, sta per essere approvato alla Camera dei Comuni. La prima parte, sezione 10 del progetto di legge è incentrata specificamente sulle cliniche abortiste per impedire che alle donne siano proposte alternative, aiuto concreto o anche solo supporto morale e preghiera da parte degli attivisti pro-life.

L’aumento delle leggi volte a emarginare e silenziare i pro-life ha destato sconcerto in molti. Esistono già numerose leggi per tutelare la gente da comportamenti intimidatori. Oltre alla protezione prevista dall’Harassment Act del 1997, i consigli locali possono decidere di isolare per 150 metri uno specifico luogo per garantirne lo status PSPO se i residenti lamentano “comportamenti anti-sociali” nella loro zona. È quanto accaduto a Kings Norton a Birmingham, anche se le lamentele dei residenti contro gli attivisti all’esterno della clinica abortista non sono mai state circostanziate. Al contrario, l’organizzazione 40 Days for Life Birmingham mostra che sono i volontari pro-life ad essere colpiti fisicamente, a ricevere sputi, minacce e ingiurie dai residenti (non da chi fa ricorso al centro abortista), tanto che anche la polizia è stata coinvolta e in un caso un uomo ha dovuto compiere un atto di “giustizia riparativa”, cioè scrivere una lettera di scuse a un volontario pro-life per l’aggressione fisica.

Il Public Order Bill, attualmente in via di approvazione alla Camera dei Comuni, colpisce in modo particolarmente inquietante i diritti e le libertà fondamentali. Il progetto, recentemente rafforzato da un emendamento alla Camera dei Lord, mira a impedire le proteste e i “comportamenti anti-sociali” ma attacca palesemente anche la possibilità di offrire alternative all’aborto alle donne vulnerabili. Se il progetto di legge passerà così com’è, tutte le cliniche abortive diventeranno “zone cuscinetto”, escludendo indiscriminatamente i volontari pro-life nel raggio di 150 metri. Più specificamente, l’emendamento 45 del progetto di legge contiene una clausola che criminalizzerà chiunque agisca «con l’intento di, o sconsideratamente consegua l’effetto di influenzare la decisione di qualsiasi persona nell’accedere o facilitare la fornitura di servizi abortivi».

L’agghiacciante introduzione di un “reato d’opinione” nelle leggi penali britanniche offre alla polizia e agli ufficiali autorizzati ulteriori estesi poteri per reprimere comportamenti che causerebbero «fastidio, molestia, allarme o pericolo». Ma resta tutt’altro che chiaro quali siano gli specifici comportamenti che violerebbero la legge, offrendo così un significativo margine di interpretazione.

È particolarmente curioso che il progetto elenchi la preghiera sotto la voce “proteste”, come un’attività criminale se svolta in una zona cuscinetto. Ma come evidenziano i recenti casi di Isabel e padre Sean, ci sono carenze significative in una legge che non riesce a specificare quando la preghiera diventa un crimine. Da un lato, la polizia avrebbe potuto essere accusata di non attenersi alla legge se non avesse arrestato Isabel e padre Sean per aver pregato, ma d’altro canto il CPS nonostante gli sforzi alla fine ha sospeso le accuse per mancanza di prove.

Inoltre, coloro che sono stati condannati per violazione della legge, potrebbero andare in bancarotta e ritrovarsi la fedina penale macchiata. Secondo la Society for the Protection of Unborn Children, i trasgressori rischiano una multa illimitata. Se questo costituisce un miglioramento rispetto all’intento originario di infliggere alle persone fino a due anni di carcere, una multa illimitata per aver recitato un Padre Nostro per un bambino non ancora nato rappresenta una pena sproporzionata per un’attività “criminale” così modesta.

Il pericolo insito in questa legge è stato sollevato da Lord Jackson durante il dibattito alla Camera dei Lord. Riferendosi al caso di Vaughan-Spruce e di Adam Smith Connor, arrestato lo scorso novembre a Bournemouth e multato con cento sterline per aver pregato in ricordo di suo figlio abortito, ha detto che il loro arresto «ha sorpreso la gente, perché non pensavano che la preghiera silenziosa potesse diventare un crimine in questo Paese». Ha anche aggiunto che «questi casi evidenziano ulteriormente i pericoli per la libertà di espressione e di fede nelle zone cuscinetto. Dimostrano quanto rapidamente si possa giungere a considerare criminale una persona per il solo fatto che avesse determinati pensieri mentre era all’interno di una zona cuscinetto».




USA: LE FARMACIE VENDERANNO la pillola abortiva

Le farmacie degli Stati Uniti sono autorizzate per la prima volta a vendere la pillola abortiva contenente il mifepristone dopo la decisione appena assunta dall’amministrazione Biden.

Italia, 6, gennaio 2023. La prescrizione medica è ancora richiesta, ma d’ora in poi si potrà ritirare la pillola in negozio o per corrispondenza direttamente senza passare dal medico come fino ad oggi richiesto. La Food and Drug Administration (FDA) ha infatti precisato che  il farmaco “può essere dispensato da farmacie certificate e sotto la supervisione di un prescrittore certificato”.

La decisione è giunta nel pieno del grande dibattito aperto negli Stati Uniti sull’aborto a seguito della sentenza della Corte Suprema che ha cancellato il “diritto” federale all’aborto e quelle di molti singoli stati americani che hanno deciso di vietare o di fortemente limitare le pratiche abortive. Nel frattempo, si era subito sviluppato un grande commercio illegale di pillole abortive, spesso comprate sul mercato nero internazionale grazie alle vendite on line, di pari passo con la pratica di molte donne di spostarsi per abortire verso gli stati che non vietano l’aborto (CLICCA QUI).

Secondo varie ricerche, più della metà degli aborti negli Stati Uniti vengono praticati con l’utilizzazione delle pillole piuttosto che con interventi chirurgici.

Usa: le farmacie venderanno la pillola abortiva – Politica Insieme




ANNO NUOVO, vita nuova

Magari! Questo detto popolare è usato solitamente per augurare un buon anno nuovo con la speranza che esso porti delle buone novità, migliori rispetto a quelle dell’anno precedente. L’augurio lo formuliamo ad ogni Capodanno, ma, da un po´di tempo a questa parte, esso sembra più un malaugurio che il vaticinio di buone cose.

Forse ne sa qualcosa Papa Francesco. Infatti, in occasione del suo 80º compleanno, a coloro che gli formulavano gli auguri rispondeva: “grazie, ma dirò una cosa che vi farà ridere: nella mia terra fare gli auguri in anticipo porta iella e chi fa gli auguri in anticipo è uno iettatore”.

Se così è, beh, noi non siamo in fondo granché superstiziosi, ma non si sa mai…  ecco… forse sarebbe opportuno evitare di formulare gli auguri manifestamente e affidarci silenziosamente al nostro cuore, ovvero a ciò che vorremmo si avverasse.

E di buone cose ne avremmo tanto bisogno: non a caso l’affanno, lo sconforto e, infine, l’apatia improntano a mestizia l’esistenza del genere umano. Guerre, carestie, povertà, recessioni, migrazioni, aggregazioni psicopolitiche, omologazioni sociali di massa e malaffare sono le cause di questo preoccupante stato di cose, in buona parte imputabile, secondo alcune rispettabili correnti sociologiche, alla tanto questionata globalizzazione.

Il malaffare, eterna piaga!

Ah, ecco, a questo proposito, prima che ci si perda in altre considerazioni, ci sia consentito aprire una parentesi sulla corruzione, definita dal Papa “il cancro che uccide l’uomo e la società”. Essa, in effetti, è esistita in ogni tempo, tant’è che già nel Vangelo molteplici sono le figure di corrotti: da Erode a Erodiade, fino ad arrivare a Giuda e così via. Ai nostri giorni, boh… si è perso il conto dei continui casi di malcostume e corruzione: con i recentissimi ‘Qatargate’ & Maroc-Leaks, con buona pace di Ulpiano, persino il sedicente tempio dell´«honeste vivere», l’Europarlamento, si trova coinvolto in una vera e propria bufera giudiziaria e avrà una bella gatta da pelare prima di venirne fuori; probabilmente non immacolatamente, stante l’osceno sinedrio di politicanti e spregiudicati affaristi che da tempo si aggirano nelle stanze del potere.

Altro che obiettare al nostro governo i limiti del POS e l’innalzamento dei contanti… guarda un po’… proprio per combattere la corruzione! Verrebbe da ridere se non ci fosse da piangere e, cogliendo la palla al balzo, troveremmo per davvero tanto da ridire ai moderni soloni e agli pseudo-moralisti di Bruxelles, ma questo discorso, nell’ottica del fenomeno complesso della globalizzazione, merita un bel capitolo a parte e, certamente, ce ne occuperemo quanto prima.

Il Nuovo Ordine Mondiale

Ritornando invece alla globalizzazione propriamente detta, ecco che le asserzioni dei sociologi circa i malefici effetti della stessa, neanche a dirlo, solleticano freneticamente la fantasia complottista e voilà: nasce il NWO (acronimo inglese di Nuovo Ordine Mondiale).

Il NWO, come è noto, pone a base di partenza un ipotetico gruppo oligarchico e segreto che influenzerebbe i destini dei popoli attraverso la globalizzazione economica, per poi prendere in maniera totalitaria il controllo del ‘gregge’ umano.

Ma v’è di più: Aggiungendo a questa altre supposizioni più o meno strampalate e, perché no, anche la teoria escatologica religiosa, caratterizzante spesso l’anticristo, si arriverebbe alla configurazione distopica di un mondo dalle seguenti caratteristiche: piatto; abitato da organismi cibernetici; e guidato da “angeli caduti”, massoni e illuminati. Insomma!

Ciò che conta è solo l’azione

Nulla di più vero: c’è chi sensatamente sostiene che i fatti confondono le teorie e che esse sono esposizioni senza valore se non confermate dalla realtà. Siamo d’accordo con queste affermazioni; oltretutto perché tecnicamente convalidate. Infatti, la globalizzazione e le connesse conseguenze non hanno per nulla prodotto l’ipotizzato dominio del mondo da parte dei poteri occulti, ma hanno fatto scaturire ben altro: una ‘Babilonia’ cui daremmo il nome di New World Disorder (Nuovo Disordine Mondiale).

Di conseguenza, le previsioni dei teorici del complotto si sono dimostrate fallimentari come, tanto per fare un esempio, quelle di Putin sulla guerra lampo in Ucraina. Tant’è.

In realtà, nel nuovo disordine in cui ci hanno infilati, il mondo di oggi è occupato precipuamente da una grande massa di automi, che vaga senza meta in un manicomio a cielo aperto. Ormai non si interloquisce più col Creatore, con i nostri simili, con sé stessi: imperversano, oltre all´accennata corruzione, la piaga della mediocrità culturale e spirituale; l´impecorimento delle genti; e il crogiolarsi nella rinuncia e nell´indifferenza. Non a torto il Santo Padre ha etichettato il nostro tempo con la dicitura “Globalizzazione dell’indifferenza”!

Ciò stante, sulla globalizzazione un dato è assodato: essa è sinonimo di omologazione, ovvero di unificazione delle sfere economiche, ideologiche, morali e associative di tutti i popoli del mondo. Ne viene di conseguenza che culture differenti andranno inevitabilmente ad amalgamarsi in un’unica dottrina sociale, dettata dalle leggi di mercato, e così perderanno le specificità, le radici e le ricchezze che le contraddistinguono.

E non solo. Purtroppo, a causa dell’omologazione, non miglior sorte toccherà ai vari settori del nostro stile di vita, non escluso quello eno-agro-alimentare, a noi italiani tanto caro: ci saranno imposti, ben che vada, il vitto standard più andante che mai, ossia il cibo spazzatura prodotto e distribuito dalle grandi catene di supermercati internazionali se non, addirittura, il cibo sintetico “spasmo e moro” (copiando Ariosto) dei super stellati chef bionici, probabilmente già in forza presso i burocrati della sicurezza alimentare Ue.

V’è ancora dell’altro: l’uomo del futuro, a causa dell’incalzante progresso scientifico del mondo globalizzato, tra qualche decennio sarà appiattito, disumanizzato e fisicamente deformato dalla tecnologia. È quanto impietosamente conclude una ricerca commissionata da Toll Free Forwarding.

Ma è proprio questo che vogliamo?

In ultima analisi, se non si tirano le briglie, quanti umani ‘veraci’ sopravviveranno a questo andazzo galoppante che porta allo storpiamento e alla cosificazione definitiva dell’uomo?

Nell’opera meno nota di Pirandello “I Quaderni di Serafino Gubbio operatore” si descrive il dramma dell’ultimo uomo in un mondo di automi. Per Serafino alla vita subentrava la dialettica, ai sentimenti il calcolo logico e razionale, alla effettività l’immaginazione, alla fratellanza l’indifferenza.

Purtroppo, il grande gregge del genere umano non legge Pirandello e, come se non bastasse, neanche le messe in guardia di Stephen Hawking (nel 2014 allertava a dritta e a manca sui pericoli dell’intelligenza artificiale, considerandola una seria minaccia per la sopravvivenza dell’umanità), lo distolgono dal tirare a campare nell’indifferenza più assoluta.

Punto di non ritorno

Gli studiosi dei fenomeni sociali affermano che, allo stato, disponiamo di un certo tempo prima che si giunga al «punto di non ritorno», sì, abbiamo scritto un «certo tempo» perché dobbiamo tener conto dell’imprevedibilità degli eventi e delle nostre scelte (il c.d. “butterfly effect” o effetto farfalla), ragion per cui urge liberarci dal male dell’indifferenza e ritornare a noi stessi quanto prima possibile, se non vogliamo permettere che si arrivi a vivere in una società atomizzata, governata dalle macchine che, dotate d’intelligenza artificiale, prima o poi si rivolteranno contro i loro propri operatori e… nemmanco s’immagina ciò che accadrà.

«Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita». Bene, dunque, se si è colto il senso dell’aforismo gramsciano, ci piacerebbe pronosticare, in punta di piedi… per non portare iella, che il nuovo anno ci consenta di ritrovare con entusiasmo noi stessi e ci aiuti a liberarci dai peggiori mali: l’egoismo e l’indifferenza verso il prossimo!

Ci riusciremo dopo così tanti fallimenti? «Il buon esito è la capacità di passare da un fallimento all’altro senza perdere l’entusiasmo» Winston Churchill. O dunque, che si aspetta? Se il grande statista inglese dicesse il vero: entusiasmo! E pace e bene si baceranno.

Giuseppe Arnò

Direttore della Gazzetta italo brasiliana




LA COMUNITÀ ITALIANA IN CANADA perde il prof. Franco Ricci

Docente all’Università di Ottawa, origini a Sulmona, ha portato centinaia di studenti in Abruzzo

di Goffredo Palmerini

L’Aquila 9 novembre 2022. Una notizia che non avrei mai voluto ricevere. E tuttavia ieri notte è arrivata attraverso un messaggio, denso di dolore e commozione, dell’amico Nello Scipioni, presidente del Centro Abruzzese Canadese di Ottawa. La comunità italiana in Canada, e ancor più quella abruzzese della capitale, perdono il Prof. Franco Ricci, scomparso ieri all’età di 69 anni. Non che a questo epilogo chi scrive non fosse preparato, perché proprio il prof. Ricci, amico fraterno, a metà settembre mi aveva parlato del male che lo aveva aggredito mentre passava i mesi dell’estate a Sulmona, la città natale dei suoi genitori e dove egli aveva acquistato casa. Mi aveva confidato, egli che avrebbe dovuto rimanere fino a settembre in Abruzzo, il motivo del repentino rientro a Ottawa, a metà luglio, per via dei forti dolori che avvertiva all’addome. Gli accertamenti diagnostici avevano rivelato un cancro invasivo. Egli stesso aveva informato gli amici più stretti.

Sapeva bene quale sarebbe stata l’evoluzione del male, eppure con coraggio era pronto ad affrontarlo. Come aveva, peraltro, fatto per diversi anni con un’altra patologia con la quale aveva convissuto, mai limitando il suo impegno di docente all’Università di Ottawa, le sue ricerche sociali, la frequentazione assidua della comunità abruzzese della capitale, numerosa e ricca d’iniziative. Mi aveva chiamato, due mesi fa, anche per annunciarmi la spedizione del suo ultimo libro “Preston Street”, una bella ricerca sociologica e culturale sulla Little Italy di Ottawa. Mi disse che era in programma la presentazione del volume, alla quale non avrebbe voluto mancare. E in effetti, pur con il disagio del male, era stato partecipe dell’evento che lo vedeva ancora una volta protagonista. Lo avevo chiamato poi a metà ottobre. Era in ospedale, aveva la voce flebile ma determinata a vivere ogni momento e ogni sensazione, con positività e una certa serenità. Gli avevo chiesto di sua moglie Hoda e di suo figlio Alessandro sempre brillante negli studi. Mi disse che dopo l’eccellente laurea in medicina, Alessandro era stato assunto in un ospedale d’una città a circa 150 chilometri da Ottawa, dove come medico lavorava anche la fidanzata. Sentii che sorrideva mentre gli auguravo presto l’arrivo di un nipotino.

Franco Ricci mancherà molto alla comunità italiana, mancherà per il suo indubbio valore, ma soprattutto per l’appassionata dedizione a promuovere in ogni modo la conoscenza del contributo che gli emigrati italiani hanno reso allo sviluppo economico, sociale e culturale del Canada. Una sensibilità spiccata la sua, una generosità senza pari, un’impareggiabile modestia, un’attenzione verso i propri connazionali davvero straordinaria che hanno fatto del prof. Ricci una figura di spicco in seno alla comunità italiana. Ancor più quella sua attitudine al servizio la esercitava in seno alla comunità abruzzese, forte e coesa nel Centro Abruzzese Canadese guidato da Nello Scipioni, origine nella frazione aquilana di Camarda, magnifico borgo alle falde del Gran Sasso. Nei bei locali del Centro spesso, durante le conviviali, Franco lo si vedeva impegnato in cucina, egli provetto cuoco, o a servire a tavola i commensali.

Il suo grande amore per la terra natale dei suoi genitori, Sulmona e il territorio peligno, è stato davvero intenso, carnale, assoluto. Ogni anno Franco passava alcuni mesi nella città di Ovidio, da là spostandosi all’intero territorio abruzzese per visite accuratissime, con approfondimenti sulle gastronomie locali, sulle valenze artistiche, sui pregi architettonici delle città e dei borghi che andava a scoprire, peraltro documentandoli con eccellenti report fotografici. Sulmona e l’Abruzzo devono molto al prof. Franco Ricci, per l’eccezionale opera di promozione che egli ha introdotto portando centinaia di studenti della sua università e di altri atenei nella nostra regione, nelle Summer School che egli organizzava presso gli Hotel Santacroce, facendo conoscere le eccellenze della nostra terra, le meraviglie ambientali e artistiche, le singolarità delle nostre tradizioni, lo splendore delle architetture urbane come dei piccoli villaggi.

Un innamorato della terra dei padri che faceva innamorare dell’Abruzzo anche i suoi studenti. Ne sono testimone diretto, quando mi impegnava ad accompagnare, in veste di guida turistica, i suoi allievi canadesi tra le incomparabili bellezze dell’Aquila e nella narrazione della storia della città attraverso i suoi quasi otto secoli. Altrettanto aveva fatto nel giugno del 2015 organizzando a Sulmona un Forum internazionale sulle culture del Mediterraneo (Forum on Mediterranean Issues) al quale parteciparono numerose personalità del mondo accademico dei Paesi che affacciano sul Mare Nostrum e insigni docenti delle università del nord America. Fu una riflessione a tutto campo e a più voci sulle questioni del Mediterraneo, spaziando dalle migrazioni alla geopolitica, dalla storia al cinema, dall’arte alla letteratura al teatro, dalle contaminazioni culturali all’economia e alle tradizioni dei popoli che affacciano sul mare che ha visto nascere e fiorire grandi civiltà della storia dell’umanità, ora preoccupante crogiuolo di tensioni, conflitti e migrazioni epocali.

Assai opportunamente il Consiglio Regionale, nel 2017, ha conferito al prof. Franco Ricci la più alta onorificenza di Ambasciatore d’Abruzzo nel Mondo, riconoscendone il valore e i meriti. L’opera di Ricci è preziosa anche per l’attenzione che egli ha rivolto al fenomeno migratorio italiano e alle implicazioni culturali che ha determinato nelle terre d’emigrazione. D’altronde il prof. Ricci ha vissuto sulla sua pelle la condizione di figlio di emigrati e di emigrato egli stesso. Franco Ricci, infatti, è nato il 19 maggio 1953 a Caracas da genitori di Sulmona emigrati in Venezuela. Nel 1954 la sua famiglia si trasferisce negli Stati Uniti, a Detroit, dov’egli segue il corso degli studi primari e secondari, prima d’intraprendere gli studi universitari presso la Wayne State University, dove si laurea in Lingue, italiano e spagnolo. Nella Facoltà di Legge della stessa università si specializza in diritto internazionale. Prende poi un’altra laurea in Linguistica e Letteratura presso l’Università di Toronto e, sempre nello stesso ateneo canadese, il dottorato (Ph.D.) con specializzazione in Letteratura e Cultura italiana.

Il prof. Ricci ha insegnato 8 anni all’Università di Toronto, un anno alla Laurentian University di Sudbury (Ontario) e quindi, dal 1982, all’Università di Ottawa. Come visiting Professor ha insegnato nel Middlebury College (Vermont, Usa), alla McGill University (Quebec, Canada), tenendo per 3 anni corsi di Cinema, e al Colorado College (Colorado Springs, Usa), tenendo dal 1990 corsi estivi all’estero, in Italia e spesso in Abruzzo. Per 6 anni è stato presidente dell’AAIS (American Association for Italian Studies), importante organismo che associa i docenti d’italianistica delle università del centro-nord America e ne era stato precedentemente per 6 anni il Segretario Generale. Per il grande impulso dato all’AAIS sotto la sua guida, dal 2009 il prof. Ricci è stato nominato Presidente Emerito a vita.

Corposo il curriculum, per libri editi, scritti su riviste letterarie, interventi in congressi e convegni che sono stati pubblicati in atti. Numerosi i riconoscimenti che gli sono stati tributati. Notevoli i suoi studi e le pubblicazioni su Italo Calvino e sulle opere del grande scrittore italiano. Come pure da segnalare è la sua passione per il Cinema, la settima arte per la quale ha tenuto corsi d’insegnamento nell’ateneo della capitale del Canada. Se da un lato il settore della letteratura e della cultura italiana nel XX secolo, nei suoi molteplici aspetti, è stato per il prof. Ricci l’impegno preponderante, negli ultimi anni la sua attenzione si era andata man mano concentrando su questioni della cognizione umana e sulle differenze estetiche e pratiche del conflitto fra i campi semiotici di parole e immagini. Significativo al riguardo un suo libro sul famoso programma televisivo The Sopranos, dove egli ha esaminato questioni di genere, potere ed estetica nel melting pot nella società americana del XXI secolo. Recente è infine la pubblicazione del suo interessante saggio Preston Street sugli emigrati italiani nella capitale canadese.

Sono solo modeste annotazioni, le mie, per illustrare lo spessore intellettuale ed umano di Franco Ricci. Un italiano orgoglioso delle proprie origini, un abruzzese appassionato al culto delle proprie radici, un testimone operoso del valore della lingua italiana e del patrimonio incomparabile d’arte, storia e cultura che l’Italia può vantare. E del quale essere fieri messaggeri. Franco lascia un’impronta indelebile nella memoria di chi lo ha conosciuto, per la semplicità del suo tratto, per l’immediatezza del suo carattere aperto, per la profondità delle relazioni umane che sapeva intessere e mantenere, di cui io stesso ne sono diretto beneficiario. Per tutta l’amore che ha riservato a Sulmona, che ha sentito sempre come la “sua” città benché non vi sia nato, meriterebbe ora la Cittadinanza onoraria alla memoria. Sarebbe per lui la più grande gratificazione postuma, quanto l’onore provato il 2 giugno 2018 quando presso l’Ambasciata d’Italia ad Ottawa gli fu conferita l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia con decreto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Un forte abbraccio di vicinanza e condoglianze alla signora Hoda e ad Alessandro. All’intimità del ricordo potranno aggiungere, con orgoglio, la stima e l’affetto verso Franco Ricci che una grande moltitudine di persone conserveranno nella memoria. 




CONTEST #HUBSTEAM – Hackathon Regione Toscana

Dal tema “Come valorizzare e preservare il patrimonio storico-artistico locale grazie all’utilizzo consapevole, etico e sostenibile delle tecnologie”: primo classificato ISI Pertini di Lucca con la proposta progettuale Moving City

Nel contest #HUBSTEAM – Hackathon Regione Toscana dal tema “Come valorizzare e preservare il patrimonio storico-artistico locale grazie all’utilizzo consapevole, etico e sostenibile delle tecnologie” tenutosi presso il Real Collegio di Lucca, nella giornata dell’8 novembre, il ten guys dell’ISI “Pertini” di Lucca, formato da Ginevra Madrigali (ideatore, speaker); Daniel Dell’Aringa (disegnatore grafico); Riyad Ali (organizzatore); Luca Pellegrinotti (marketing); Stella Vellutini (organizzatrice); Alena Bernardini (organizzatrice); Federico Huang (analisi del target; Marla Guidotti (ricercatrice); Asia Paolicchi (speaker); Tommaso Impallomeni (organizzatore), si è aggiudicato il primo posto e la possibilità di accedere alla competizione nazionale che si terrà a dicembre a Lucca. Gli studenti hanno creato un progetto, dal titolo Moving City – My city? My Choice, estremamente innovativo e funzionale alle necessità di fruibilità dei servizi logistici urbani. Gli studenti con intelligenza hanno saputo attribuire il giusto spazio a una serie di aspetti determinanti della nostra socialità ed economia: territorialità, impresa, tecnologia, turismo, inclusione e innovazione. Nel dettaglio l’idea progettuale consiste nel costruire una mappa 3D composta da una legenda con icone di diversi colori, in base alla tipologia del luogo; percorsi suddivisi in base alle difficoltà, alla distanza e all’accessibilità a persone con disabilità; lettore automatico per gli ipovedenti; codice QR nei luoghi segnalati dall’app; possibilità di fare foto e di condividerle sui vari social con feedback.

Il prodotto Moving City realizzato soddisfa pienamente le richieste di flessibilità, dinamismo, eticità e rispetto dell’ambiente che provengono dai soggetti economici e dai cittadini più consapevoli; costituisce un’opportunità per chiunque voglia scoprire le bellezze della città tramite percorsi appositamente calibrati, anche per i diversamente abili, collaborando con l’associazione “Lucca senza barriere” e senza sovraccarico per l’ambiente. Un modo “pulito” e sicuro per sentirsi cittadini di Lucca anche se non si è nati qui o per percepirne ancora di più la magia se si appartiene a tale territorio da sempre. Complimenti, ragazzi! 

Romano Pesavento




LA REVISIONE TEN-T è la più grande opportunità di input strategico negli ambiti stradale, autostradale, ferroviario, marittimo e fluviale

Cominciato l’ascolto dei territori: siano loro i veri protagonisti

In queste ore è cominciato lo studio per la revisione del regolamento delle TEN-T di tutta Europa. Un fatto storico se consideriamo che tutto questo avviene mediamente ogni 7/10 anni.

“È mia abitudine girare ed ascoltare i territori, ma mai come ora è necessario far intervenire i territori nei processi decisionali europei. La revisione TEN-T è la più grande opportunità di input strategico negli ambiti stradale, autostradale, ferroviario, marittimo e fluviale”. Spiega l’Onorevole Lucia Vuolo (FI – PPE).

“Stiamo parlando di suggerire all’UE di supportare le infrastrutture utili per il Sud, di introdurre nuove politiche innovative, lungimiranti e sostenibili. È per questo che ho inviato e continuerò a inviare alle Associazioni di categoria, a partire dalle varie sedi di Confindustria provinciali, una missiva in cui, tra le varie, chiedo di suggerire testi migliorativi rispetto alla bozza TEN-T in nostro possesso. Le prime risposte sono arrivate e mi hanno riempito di orgoglio. Il tessuto industriale del Sud Italia sta rispondendo e, come immaginavo, è pronto, in tempi strettissimi, a studiare insieme le migliori scelte per il nostro Sud da oggi ai prossimi 50 anni”.




NATO IN CASA allestimento multimediale nel Museo Casa Natale di Ales

Un itinerario organizzato nei luoghi gramsciani raccontano vita e opere di Antonio Gramsci a Ghilarza, Santu Lussurgiu, Ales, Sorgono e Cagliari

Prosegue con tenacia tutta gramsciana il GramscilabAles 5.0. Ideato e promosso dalla compagnia Il crogiuolo di Cagliari prima della pandemia, il progetto è stato portato avanti in questi anni nei suoi diversi contenuti, sempre con entusiasmo e determinazione, dalla direttrice artistica Rita Atzeri e dai partecipanti arrivati da diverse parti d’Italia per gli spettacoli e le residenze artistiche che hanno premiato i progetti di indagine maggiormente innovativi.

Con la presentazione al pubblico di “Nato in casa”, installazione multimediale pensata per la Casa Natale Gramsci di Ales, sabato 1° ottobre alle ore 17:00, il GramscilabAles 5.0 giunge al suo punto d’approdo più importante: proporre un punto di vista inedito del grande intellettuale e politico, dando al contempo un contenuto ai luoghi Gramsciani, partendo dall’edificio ottocentesco dove nacque Antonio Gramsci.

“Abbiamo pensato di iniziare a raccontare Gramsci attraverso la dimensione della Casa e quindi dell’intimità di affetti che al concetto di casa afferiscono, a partire dalla nascita, che narriamo attraverso un’approfondita ricerca sulla nascita in Sardegna tra fine Ottocento e primi del Novecento”, afferma Rita Atzeri, che prosegue: “Abbiamo fatto inoltre un enorme lavoro per gettare i presupposti di un percorso integrato di tour di luoghi gramsciani fruibile anche da gruppi e scolaresche, accattivante intellettualmente e tecnologicamente, che è suscettibile di essere sempre più arricchito di contenuti”, dichiara l’ideatrice del progetto finanziato dalla Regione Sardegna nell’ambito del POR FESR 2014-2020 – Azione CultureLAB2018.

L’itinerario

Il paesaggio, i colori e i sapori dell’infanzia tutta sarda di Antonio Gramsci, che peso hanno avuto nell’elaborazione del pensiero del teorico dell’egemonia e della subalternità culturale? È una delle riflessioni che prendono forma a seguire, passo dopo passo, i luoghi dell’oristanese dove il grande intellettuale ha trascorso l’infanzia fino agli anni del liceo, seguendo il percorso organizzato da il Crogiuolo di Rita Atzeri con il progetto GramsciLab Ales 5.0 e sperimentato in questi giorni tra Ales, Sorgono, Ghilarza, Santu Lussurgiu e Cagliari in compagnia di amministratori e studiosi.

Un percorso artistico, culturale ed emozionale, una proposta aperta alle amministrazioni comunali che ha gettato le fondamenta di una rete coerente e organizzata per invitare nell’oristanese scolaresche e gruppi desiderosi di scoprire un lato inedito di Antonio Gramsci. Il risultato è infatti un quadro umano e morale di spessore via via maggiore, un mosaico che si compone tessera dopo tessera, e che mostra avere un grande potenziale turistico e culturale.

Con le amministrazioni comunali, i musei e le associazioni culturali del territorio, è stata infatti presentata l’edizione pilota di un itinerario gramsciano disponibile tutto l’anno per scolaresche e gruppi che intendano approfondire la conoscenza o avvicinarsi alla figura di Antonio Gramsci attraverso la visita dei luoghi in cui è nato (Ales) o è vissuto e ha studiato (Ghilarza, Sorgono, Santu Lussurgiu, Cagliari).

L’itinerario pilota si sviluppa nel corso di due giorni e parte da Ghilarza. Paese d’origine della madre Peppina Marcias, Ghilarza è il paese dove Antonio Gramsci ha vissuto dal 1898 al 1911. La casa, il paese, il territorio circostante hanno rappresentato per Gramsci luoghi di memoria e di affetti a cui è tornato più volte con note di struggente nostalgia. Sono ambienti descritti nelle Lettere dal carcere, nei Quaderni del carcere e nella memorialistica dei primi biografi. Si prosegue per Santu Lussurgiu con la visita al percorso del Ginnasio Carta-Meloni, dove Gramsci studiò prima di spostarsi a Cagliari  e per Ales, dove, a cura dell’Associazione Casa Natale Gramsci di Ales, sarà possibile visitare la piazza allestita da Giò Pomodoro, che tanto fece discutere al tempo della sua realizzazione, per poi partecipare, alla casa natale di Corso Cattedrale, alle proposte di “Nato in Casa”.

Il giorno successivo ci si sposta a Sorgono, con la visita dei luoghi gramsciani a cura dell’ Associazione Culturale Amici di Antonio Gramsci e infine a Cagliari, per seguire Gramsci in Casteddu, trekking urbano ideato da Ornella Piroddi, Giacomo Casti e Maurizio Pretta nel 2017 che racconta di Antonio Gramsci studente al liceo Dettori di Cagliari attingendo alle memorie di chi ebbe modo di conoscerlo e frequentarlo, alle storie e cronache cittadine.

Nato in casa

Visitando la Casa che dal 1947 ospita le commemorazioni gramsciane, si ha dunque accesso a una molteplicità di contenuti, resi fruibili attraverso due totem (un terzo totem è situato nella biblioteca comunale) collegati a un server che può essere aggiornato e ampliato anche con progetti futuri. “Il nostro lavoro è stato quello di creare degli strumenti che potessero essere poi sviluppati in modo autonomo anche rispetto alla chiave qui proposta”, spiega Rita Atzeri.

I totem danno la possibilità di accedere a una vasta emeroteca, sfogliare e consultare libri, giornali e riviste e, attualmente, ospitano i contributi della ricerca sulla nascita in Sardegna tra ‘800 e ‘900 frutto del lavoro decennale di Luisa Orrù e Fulvia Putzolu, che hanno raccolto – anche tramite gli studenti universitari – testimonianze di donne madri, levatrici empiriche e ostetriche condotte, e la raccolta di opere d’arte curata da Martina D’Asaro, sempre sullo stesso tema.

I totem, che si rivolgono anche a famiglie e scolaresche, propongono anche giochi didattici per bambini dai 6 ai 10 anni, il libro ‘Riccino e Riccetta’, il video dello spettacolo omonimo e, a firma di Alessandra Marchi del Gramsci Lab della facoltà di Scienze politiche dell’Università di Cagliari, un progetto che segue l’evoluzione del pensiero di Gramsci nel mondo.

La Casa Natale di Gramsci propone fino al 30 ottobre (ingresso su appuntamento) la mostra collettiva “What does indifference mean?”, ideata e curata da Margaret Sgarra, curatrice di arte contemporanea e storica dell’arte. Il progetto espositivo, tra i vincitori della Residenza artistica GramsciLab 5.0, vuole essere una riflessione sulle forme d’indifferenza presenti nella nostra società  attraverso lo sguardo di 18 artiste e artisti provenienti da tutto il mondo: Laura Ansaloni, Anna Bassi, Chiara Borgaro, Chien Li, Monica Carrera, Roberta Di Laudo, Gabriella Gastaldi Ferragatta, Giun.go-Lab, Laura Guilda, Federica Gonnelli, Laura Guilda, La Chigi, Silvia Levenson, Daniela e Francesca Manca, Isabel Rodriguez Ramos, Sophia Ruffini, Natalia Saurin, Monica Serra, Elisa Trapuzzano.

Gli spazi della casa natale sono inoltre adatti ad ospitare eventi di spettacolo come il monologo teatrale, andato in scena lo scorso primo ottobre per l’inaugurazione del progetto, “Combatto gli indifferenti” dell’autrice e interprete romana Ludovica Valeri. Esito della residenza artistica dello scorso anno, “Combatto gli indifferenti” rievoca e propone la storia di Antonio Gramsci a partire da una misteriosa figura femminile. Tra soliloqui, canzoni, immagini, luci ed ombre, il pubblico è stato invitato a scoprire chi fosse la donna che tanto di Gramsci conosceva e a lasciarsi andare alla fantasia, alla memoria, all’emozione fino a scoprire una storia che non era stata mai raccontata.

La sala proiezioni ospita un video sul rapporto tra Gramsci e le donne interpretato attraverso la danza e con un effetto molto simili al 3D.

La guida virtuale della Casa è possibile attraverso una app App in 6 lingue, che ospiterà, inoltre, contenuti che saranno aggiornati e riprogrammati di volta in volta.

Giulia Clarkson




COLUMBUS DAY: si riprende alla grande dopo la pandemia

Il sole illumina le due giornate di manifestazioni che celebrano l’orgoglio degli italiani in America

di Goffredo Palmerini

New York, 13 ottobre 2022. Si può tranquillamente affermare che il Columbus Day è davvero tornato al grande smalto, dopo la pandemia che ha imposto per due anni il completo fermo delle manifestazioni e lo scorso anno una ripresa non del tutto convincente. Invece la 78^ edizione del Columbus Day recupera senza riserve il suo splendore, illuminato per di più da due splendide giornate di sole e un cielo terso color cobalto in magnifico contrasto con le svettanti architetture della metropoli. New York si mostra dunque nella sua veste più bella, specie quando il tempo è sereno e può ostentare la cornucopia di colori cangianti del suo cuore naturale, qual è Central Park anzitutto, ma anche le altre oasi verdi, oltre al contorno piantumato di Manhattan che si distende nelle acque dell’Hudson River, dell’Atlantico e dell’East River. Ogni cosa sembra essere tornata al posto giusto. Persino le contestazioni, peraltro a New York sempre rare e isolate, nei confronti della festa che celebra Cristoforo Colombo e il contributo reso dagli italiani d’America, sociale e culturale, alle fortune degli Stati Uniti, quest’anno non si sono proprio viste, con la speranza che così permanga la situazione. D’altronde le  motivazioni della contestazione e della cancel culture nei confronti di Colombo, dalla cui responsabilità in uno spericolato nesso causa-effetti discenderebbe ad oltre tre secoli di distanza il genocidio dei nativi d’America ed altre atrocità, sono talmente abborracciate da offendere la storia, se non la stessa ragione. Occorrerebbe un grande sforzo culturale nelle scuole d’America e nelle università per far maturare da un lato una coscienza condivisa sui meriti di Colombo e dall’altro sulle popolazioni native e sulle responsabilità storiche dei massacri che hanno subito, umani e culturali. Dunque, appare opportuna e legittima la Giornata nazionale riservata ai nativi e alle popolazioni indigene degli Stati Uniti che il Presidente Biden ha per la prima volta proclamato nella data dell’11 ottobre.

Corrono 530 anni da quel 12 ottobre 1492 quando Cristoforo Colombo scoprì l’America, il nuovo mondo. È invece dal 1929 che qui a New York si commemora l’impresa del navigatore genovese e il contributo degli immigrati italiani allo sviluppo della nazione americana. Fu un italiano di origini irpine, Generoso Pope, imprenditore di grande talento, ad iniziare nella Grande Mela la celebrazione del Columbus Day con una parata che da East Harlem scendeva fino al monumento dedicato a Cristoforo Colombo, al Columbus Circle, angolo sud di Central Park adiacente all’8^ Avenue. Sin dall’origine il Columbus Day è la manifestazione dell’orgoglio italiano per eccellenza, qui a New York come in tutti gli States, mantenendo lo spirito solidaristico verso i connazionali bisognosi che Pope impresse alla manifestazione e che oggi si traduce in una cospicua raccolta di fondi da parte della Columbus Citizens Foundation, destinati in gran parte a borse di studio per mantenere vive in America le radici della nostra cultura, l’italian heritage. Dunque, non un evento di folclore italiano, come talvolta potrebbe apparire a chi non ne conosce le origini, ma davvero un’occasione annuale per esprimere l’orgoglio della comunità italiana per il valore della nostra cultura, per il contributo reso dagli immigrati italiani alla crescita e alla storia degli Stati Uniti d’America. Tutti elementi che nel Columbus Day si fondono in un crogiolo incandescente di emozioni profonde, palpabili, autentiche.

Quest’anno chi scrive queste emozioni può raccontarle non da spettatore, ma dal di dentro, quale membro della delegazione dell’AIAE (Association of Italian American Educators), l’associazione culturale composta da docenti delle Università, College e High School dell’area di New York della quale è presidente Josephine Maietta, infaticabile operatrice culturale e conduttrice radiofonica su WRHU, l’emittente di Hofstra University assai seguita nella Tristate Area. Recentemente, infatti, su proposta della Presidente il Consiglio direttivo dell’AIAE aveva approvato la nomina di chi scrive nell’Advisory Board. Quasi un privilegio per me essere l’unico membro non residente negli Stati Uniti. Ma ora veniamo alla cronaca delle due giornate di manifestazioni , che culminano con la celebre Parata del Columbus Day, la più suggestiva al mondo, nel secondo lunedì di ottobre, il più prossimo al 12 ottobre. Quest’anno il Columbus Day cade il 10 ottobre. Sono le 9 di mattina quando raggiungo la Cattedrale di St. Patrick. Già dietro le transenne, sulla Quinta Avenue, il pubblico comincia a prendere posizione, mentre lungo la più famosa ed esclusiva strada di New York cresce l’andirivieni del servizio organizzativo, i poliziotti agli incroci, i vari gruppi che si dirigono ai luoghi di ammassamento, tra la 43^ e 46^ Strada. Gran fermento davanti alla Cattedrale, arrivo giusto in tempo per l’inizio della celebrazione eucaristica che anticipa la Parata. L’annuale Messa solenne del Columbus Day, presieduta dall’Arcivescovo di New York, è sempre un’occasione di riflessione sui milioni di uomini, donne e bambini che sono giunti in America alla ricerca di libertà e di migliori opportunità di vita, ma anche sulla fede in Dio che li ha aiutati a superare sacrifici, stigmi e avversità.

Riconoscibile dai due svettanti campanili, la  St. Patrick Cathedral è un monumento magnifico, molto visitato dai turisti. Dopo la Cattedrale di Washington, St. Patrick è la seconda più grande chiesa degli Stati Uniti, bella nel suo stile e nei decori neogotici. Fin dalla posa della prima pietra, avvenuta nel 1858, la cattedrale è stata al centro della vita di New York, anche se gli abitanti ritenevano fosse situata  troppo a nord dell’allora centro residenziale e commerciale della città. Oltre allo splendore della struttura architettonica, la cattedrale vanta vetrate colorate realizzate a Chartres, Birmingham e Boston, mentre il rosone è di Charles Connick, forse il più grande artista di questo genere nella storia americana. Gli altari di St. Michael e St. Louis fu progettato da Tiffany & Co, mentre quello di St. Elizabeth è di Paolo Medici di Roma.

All’ingresso del tempio c’è l’attento controllo di chi entra da parte degli addetti, per il rispetto dei posti assegnati nell’invito: nelle due file della navata centrale prendono posto le personalità americane, i dirigenti della Columbus Foundation, gli esponenti della comunità italiana di New York e delle varie associazioni, gli invitati delle delegazioni giunte dall’Italia. Preferisco sistemarmi avanti nella navata laterale destra, anche per poter più liberamente scattare qualche foto. Alle 9 e mezza in punto inizia la celebrazione, con una lunga processione di chierici, diaconi e sacerdoti, poi una decina di vescovi e prelati, quindi l’Arcivescovo di New York, il Cardinale Timothy Dolan che presiede la celebrazione. L’organo, con il suo timbro possente, intona le note del Preludio, l’Ave Maria di Pietro Alessandro Yon, cui segue l’inno d’ingresso cantato dal Coro della Cattedrale. L’Arcivescovo Dolan apre la celebrazione con il saluto alle autorità italiane, in primis il Console Generale d’Italia a New York, Fabrizio Di Michele, e agli esponenti della Columbus Foundation. Quindi fa un breve richiamo sul significato del Columbus Day, sul valore del contributo degli immigrati italiani nella società e nella cultura americana. Sottolinea anche l’impegno pastorale e sociale che ebbe verso gli emigranti italiani Mons. Giovanni Battista Scalabrini, proclamato santo domenica scorsa da Papa Francesco. Una grande immagine del santo viene esposta davanti l’altare, fino all’offertorio. “Oggi siamo tutti italiani!”, conclude il Cardinale Dolan, dando inizio alla Messa. L’omelia, affidata a Mons. Nicholas DiMarzio, Vescovo Emerito di Brooklyn, è un puntuale riconoscimento all’opera degli immigrati italiani. Passaggi significativi dell’omelia ne hanno tratteggiato i meriti, tanto che, assai irritualmente, alla fine della predica un grande applauso conferma l’apprezzamento delle parole del presule. Alla conclusione della Messa l’organo e il Coro eseguono gli Inni nazionali italiano e americano. I celebranti passano tra le due file di banchi della navata centrale per far rientro in sagrestia, mentre il Cardinale Dolan dispensa strette di mano, sorrisi, saluti e benedizioni.

Sono quasi le 11 quando esco dalla cattedrale. E’ quasi l’ora della sfilata, il cui inizio è previsto per le 11:30, C’è grande fermento sulla Quinta Avenue e sulle strade laterali dove si concentrano i gruppi, le bande, i carri, i mezzi e le rappresentanze dei vari Corpi – Polizia municipale di New York, Vigili del Fuoco, Corpo sanitario, Sceriffi di diverse Contee dell’area metropolitana della Grande Mela – e le altre varie rappresentanze associative, in un tourbillon di colori e di voci frenetiche. All’orario previsto muove la testa della Parata con un drappello di agenti a cavallo del Dipartimento della Polizia urbana di New York, seguito da una copiosa pattuglia di agenti su motociclette lampeggianti e da una compagnia di poliziotti urbani, in marcia al passo dietro la banda del NYPD. Seguono i carri sontuosamente allestiti – dalla Columbus Foundation e da varie altre associazioni – con i nostri colori nazionali, con a bordo molti ragazzi e persone che sventolano piccole bandiere tricolori. Intervallano il corteo le bande dei college, con sbandieratori e majorettes, centinaia e centinaia di giovani nelle loro lustre divise, attenti al passo e presi dal ruolo. Per loro è un grande onore sfilare tra cotanto pubblico. Più tranquilli i musicisti delle bande militari, adusi a queste cerimonie. Suggestive, infine, le bande di cornamuse, con i musici in rigoroso kilt di stoffa scozzese. Quel che si muove nelle retrovie è una sarabanda di dimensioni inimmaginabili: 35 mila persone che si preparano a sfilare, ciascuna rappresentanza al suo turno, talvolta dopo ore di attesa, se si pensa che la Parata si conclude intorno alle tre e mezza del pomeriggio. Tutto però è regolato secondo un canone sperimentato dal rigido cerimoniale della parata. Tutto gira come un orologio, almeno così appare. Ormai la marea di spettatori, intorno al milione, è ordinatamente assiepata dietro le transenne, sui due lati della Quinta Avenue. Gente d’ogni età, buona parte con bandierine tricolori e stelle e strisce e i turisti incantati.

Primo gruppo a sfilare è quello della Columbus Foundation, con in testa il Grand Marshall di questa edizione, Tom Golisano, uomo d’affari e già politico, quindi il Presidente e i governors della fondazione, con il lungo seguito di rappresentanza. Sfila il gruppo Italian American New Yorkers, che ospita il Console Generale d’Italia Fabrizio Di Michele. Anche le Maserati sfilano, come antiche e nuove auto della Polizia di New York, un nutrito allegro e coloratissimo gruppo di Vespe Piaggio e un altrettanto intrigante corteo di bellissime auto d’epoca Cadillac, in una serie di modelli, dal 1947 a quelli di qualche anno fa. Sfila poi una delegazione italiana di Vigili del Fuoco, seguita dalla cospicua sequela dei Pompieri del dipartimento di New York (FDNY), con i loro mezzi d’epoca e attuali, una numerosa rappresentanza. Calorosa l’accoglienza che il pubblico gli riserva. Numerosi sono d’origine italiana gli amati eroi di tante operazioni di soccorso, ma soprattutto si ricordano gli eroi delle Twin Towers, dove in quella tragedia 343 pompieri persero la vita. Sui lati di uno dei mezzi sono stampati i nomi dei pompieri deceduti in servizio l’11 settembre 2001.

Mentre all’angolo della 47^ Strada osservo la sfilata e aspetto il mio turno non più da spettatore ma da attore, sento una voce nota che mi chiama. È Francesca Alderisi, già amatissimo volto della Rai nei programmi di servizio destinati agli italiani nel mondo e fino all’insediamento del nuovo Parlamento, il 13 ottobre, Senatrice della Repubblica nella Legislatura conclusasi con il voto del 25 settembre scorso. Era stata eletta nel 2018 nella Circoscrizione Estero Nord-Centro America con un alto numero di preferenze. Francesca è stata sempre attenta alle tematiche dell’emigrazione, empatica nei programmi che ha condotto su Rai International e sensibile ai problemi dei nostri emigrati. Peraltro, ha sempre frequentemente visitato le nostre comunità, già prima dell’impegno parlamentare. Tra noi un abbraccio di antica amicizia – più volte sono stato ospite nei suoi programmi in Rai – ha rinnovato l’incontro al Columbus Day. In diverse occasioni ci siamo incontrati a New York proprio alla parata, la volta più recente nel 2017.

Passa il gruppo AIAE, guidato dalla effervescente presidente Cav. Josephine Maietta. Mi unisco al gruppo e vivo la sfilata dalla 47^ strada alla 69^, fino al red carpet dove sono allestite le tribune degli spettatori, le postazioni televisive e radiofoniche, dove si alternano le voci dei cantanti, dei presentatori e dei giornalisti che intervistano personaggi e personalità alla conclusione del loro turno di parata. E’ un bel vedere, lungo il percorso sulla Quinta Avenue, gli spettatori che seguono la sfilata, che salutano ed applaudono. Senza dubbio la Columbus Day Parade di New York resta la manifestazione più suggestiva, imponente e rilevante nel richiamare l’attenzione sul contributo degli immigrati italiani alla crescita degli Stati Uniti d’America. Ciò è avvenuto grazie al loro talento e alla loro creatività, ma è anche dovuto all’indomito coraggio nell’aver dovuto subire, prima di veder raggiunto il loro sogno americano, specie negli anni della prima emigrazione, terribili prove di violenza morale e talvolta fisica, fino al linciaggio, pregiudizi e stigmi, che raccontano la storia dolorosa del fenomeno migratorio italiano. Grazie a quel coraggio le   generazioni successive si sono affrancate da quei torti ed hanno saputo dimostrare il loro valore in ogni campo della società americana, spesso in ruoli di primo piano, guadagnandosi rispetto e stima, rendendo così onore all’Italia.

Le manifestazioni del Columbus Day edizione n. 78 hanno avuto, come da tradizione, il loro prologo nella mattinata di domenica 9 ottobre, al Columbus Circle sotto la stele con la statua di Cristoforo Colombo. Alle 9:30 l’inizio della Cerimonia di Proclamation del Columbus Day. Una dichiarazione che tutte le istituzioni pubbliche rendono in tutti gli Stati Uniti nella Giornata dedicata a Cristoforo Colombo, e dunque a New York il Sindaco e il Governatore. Sarebbe lungo riprendere i passi più importanti delle due dichiarazioni. Possono tuttavia essere ricomprese entrambe nella Proclamation diramata dalla Casa Bianca. Il Presidente Joe Biden ha così articolato il suo messaggio all’intera Nazione per il Columbus Day. “Nel 1492 Cristoforo Colombo salpò dal porto spagnolo di Palos de la Frontera per conto della regina Isabella I e del re Ferdinando II, ma le sue radici risalgono a Genova, in Italia. La storia del suo viaggio rimane motivo di orgoglio per molti italo-americani le cui famiglie hanno anche attraversato l’Atlantico. Il suo viaggio ha ispirato molti altri a seguirlo e alla fine ha contribuito alla fondazione dell’America, che è stata un faro per gli immigrati di tutto il mondo. Molti di questi immigrati erano italiani e, per generazioni, gli immigrati italiani con coraggio hanno lasciato tutto indietro, spinti dalla loro fede nel sogno americano: costruire una nuova vita di speranza e possibilità negli Stati Uniti. Oggi, gli italoamericani sono leader in tutti i campi, inclusi governo, sanità, affari, innovazione e cultura. Le cose non sono sempre state facili; il pregiudizio e la violenza spesso hanno bloccato la promessa di pari opportunità. In effetti, il Columbus Day è stato creato dal presidente Harrison nel 1892 in risposta al linciaggio su motivazioni anti-italiane di 11 italoamericani a New Orleans nel 1891. Durante la seconda guerra mondiale, gli italoamericani furono persino presi di mira come sospetti nemici. Ma il duro lavoro, la dedizione alla comunità e la leadership degli italoamericani in ogni settore rendono il nostro paese più forte, più prospero e più vivace. La comunità italoamericana è anche una pietra angolare delle relazioni strette e durature della nostra nazione con l’Italia, un alleato vitale della NATO e un partner dell’Unione europea. Oggi, la partnership tra Italia e Stati Uniti è al centro dei nostri sforzi per affrontare le sfide globali più urgenti del nostro tempo, incluso il sostegno all’Ucraina nella difesa della sua libertà e democrazia. In commemorazione dello storico viaggio di Cristoforo Colombo 530 anni fa, il Congresso, con risoluzione congiunta del 30 aprile 1934 e modificata nel 1968 (36 U.S.C. 107), e successive modifiche, ha chiesto al Presidente di proclamare il secondo lunedì di ottobre di ogni anno come “Giorno di Colombo”. Ordunque Io, Joseph R. Biden Jr, Presidente degli Stati Uniti d’America, proclamo il 10 ottobre 2022 come Columbus Day. Dispongo che la bandiera degli Stati Uniti sia esposta su tutti gli edifici pubblici nel giorno stabilito in onore della nostra storia diversificata e di tutti coloro che hanno contribuito a plasmare questa Nazione.”

L’evento presso Columbus Circle è stato curato dal National Council of Columbia Associations in Civil Service Inc. Numerosi gli interventi che si sono susseguiti per la Proclamation, in rappresentanza della Columbus Citizens Foundation e di altre associazioni. Semplicemente perfetto l’intervento del Console Generale d’Italia Fabrizio Di Michele reso alla Cerimonia di Proclamation, richiamando il valore di Cristoforo Colombo nella scoperta del nuovo mondo in quel lontano 12 ottobre 1492 e il contributo degli immigrati italiani nella storia degli Stati Uniti d’America, motivo di orgoglio per le nostre comunità che qui hanno realizzato il loro sogno. Un discorso non convenzionale che ha messo con nettezza punti fermi anche rispetto alla tendenza contestativa della Giornata dedicata a Cristoforo Colombo, con la decisa affermazione dei meriti umani e culturali della comunità italiana negli States. Un intervento molto apprezzato e applaudito. Una persona che ha passato la vita nel Consolato Generale di New York mi ha confidato che il discorso del Console Di Michele è stato il più bello che abbia mai sentito.




DECISIONE ONU condanna l’Italia

Mancato riconoscimento della figura del caregiver familiare e dei suoi diritti fondamentali

Accolto il ricorso presentato dallo Studio Saccucci & Partners su iniziativa e con il supporto di CONFAD

È stato pienamente accolto il ricorso presentato presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite nel 2017 dall’allora presidente di Confad Maria Simona Bellini attraverso il quale veniva denunciata l’insostenibile condizione di vita dei Caregiver Familiari in Italia, a causa di un ingiustificato vuoto legislativo, con conseguente violazione di importanti diritti della persona. Il Comitato per i Diritti delle Persone con Disabilità (il più alto organismo riconosciuto a livello mondiale per la tutela delle persone con disabilità e delle loro famiglie) si è pronunciato il 3 ottobre 2022, riconoscendo lo stato di effettiva gravità in cui vivono i Caregiver Familiari in Italia: il mancato riconoscimento giuridico dello status sociale della loro figura ne pregiudica l’adeguato inserimento in un quadro normativo di tutela e assistenza.

La decisione di accoglimento del ricorso accerta la violazione da parte dell’Italia degli obblighi internazionali assunti con la ratifica della Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità del 2006. Ratifica che avrebbe dovuto segnare “Un importante traguardo per il Paese intero. La capacità di risposta ai bisogni delle persone con disabilità è uno degli indicatori principali di un Welfare moderno, maggiormente inclusivo, equo ed efficiente”, come si legge proprio nella Presentazione della Convenzione recepita dal nostro Paese. Nel nostro sistema Welfare, invece, il Legislatore ha sempre ignorato l’importanza e il valore intrinseco per l’intera società dei Caregiver Familiari che si dedicano h24 alla cura e all’assistenza dei propri congiunti non autosufficienti, costantemente esposti a un elevato rischio di esaurimento fisico e psicologico

Il Comitato ha ribadito l’importanza del ruolo svolto dal Caregiver Familiare, sottolineando l’imprescindibilità della sua presenza per la realizzazione del diritto della persona con disabilità a vivere una vita dignitosa e soddisfatta, autonoma e indipendente, che miri alla piena inclusione nella società ed eviti il ricorso all’istituzionalizzazione. Ne consegue, dunque, in maniera più che evidente la necessità di offrire loro servizi di supporto che siano adeguati, anche di tipo finanziario, nell’interesse stesso delle persone assistite, oltre che proprio. Le misure adottate sino a oggi dallo Stato italiano in favore dei Caregiver Familiari sono state giudicate insufficienti e ritenute largamente inadeguate a garantire una qualità di vita accettabile.

Il Comitato, infatti, si è pronunciato in termini di sostegni economici, maggiore accesso all’alloggio, attenzione al mantenimento del nucleo familiare, servizi di assistenza economicamente accessibili, regime fiscale agevolato, orario di lavoro flessibile, fino al riconoscimento dello status di Caregiver Familiare nel sistema pensionistico. In conclusione, il Comitato per i Diritti delle Persone con Disabilità richiede allo Stato italiano, e in maniera uguale in tutte le regioni, l’adozione di misure appropriate al fine di dare piena attuazione alla Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità. Conformemente a tale dispositivo lo Stato italiano dovrà presentare al Comitato, entro sei mesi, una risposta scritta in relazione a quanto attuerà per colmare queste gravi lacune.

Confad e tutta la comunità di famiglie, persone con disabilità, Caregiver Familiari, si augurano di poter realmente affermare quanto prima che “l’Italia da oggi ha fatto un passo avanti decisivo in tale direzione”, come fu invece soltanto dichiarato, rimanendo fumose parole, nel lontano 2006 quando anche l’Italia, al pari di altri Stati, recepì la Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità, e che finalmente sia concreto l’impegno a dare adeguate tutele e diritti per i Caregiver Familiari.

Alessandro Chiarini – Presidente CONFAD




UN OBIETTIVO da perseguire

Una politica equa dei trasporti senza differenze tra le varie aree europee

“Una politica equa dei trasporti senza differenze tra le varie aree europee: un obiettivo che continuerò a portare avanti”. così Lucia Vuolo, europarlamentare FI-PPE, membro della Commissione Trasporti e Turismo del Parlamento europeo, durante l’ultima sessione plenaria. L’On. Vuolo ha portato all’attenzione emendamenti relativi al budget dell’Unione Europea per il 2023 puntando a adeguare ed equilibrare i collegamenti con le aree più complesse e penalizzate.

“Durante questa sessione plenaria – ha sottolineato l’europarlamentare – in Commissione trasporti sono stati votati i miei emendamenti presentati al budget generale dell’UE per l’anno 2023. Avevo puntato ad una politica di trasporti a livello europeo sempre più coesa ed inclusiva, superando le divergenze tra le varie aree europee. Ritengo sia necessario avere lo sguardo attento al Sud, ed avevo chiesto di creare le condizioni per una migliore accessibilità e collegamento delle città con le aree circostanti, soprattutto nelle regioni più svantaggiate dell’UE con un PIL pro capite inferiore al 75% della media dell’UE. Nonostante l’importante supporto del Partito Popolare Europeo, i compromessi raggiunti con gli altri gruppi hanno in qualche modo stravolto i metodi e gli ambiti da me individuati. Però , nulla è perso.

La difesa delle aree periferiche resta prioritario per garantire pari opportunità e possibilità alle comunità . Ho così deciso – conclude l’On. Vuolo – di portare avanti la stessa linea nei prossimi file riguardanti la revisione delle reti TEN-T (in allegato la bozza). Un’occasione strategicamente rilevante e che riavremo fra diversi anni e per la quale, come sempre, sono a disposizione del sistema Italia per ascoltare e portare qui in Europa le istanze dei cittadini”.




ITALIANITÀ NEL MONDO. Tre giorni di riflessione

Conclusi con successo a Mentone gli eventi di Alter Italia

di Goffredo Palmerini

Mentone, 25 settembre 2022. Si è conclusa con grande successo a Mentone, splendida città francese sulla Costa Azzurra, la manifestazione “Italia Eterna”, promossa e organizzata da Alter Italia dell’imprenditore Mauro Marabini, che da anni dedica forte attenzione al riconoscimento del valore degli italiani dell’altra Italia, quegli 80 milioni di emigrati e oriundi che con il loro talento in ogni angolo del mondo rendono onore al Paese delle proprie origini. Tre intensi giorni di riflessione, 16-17-18 Settembre, si sono tenuti nello meraviglioso contesto dell’Hotel des Ambassadeurs, di Mentone, magnificente architettura progettata da Gustave Eiffel nel 1865, nel pieno della Belle Epoque. Ricco il programma delle tre giornate, con personalità convenute dall’estero e giornalisti della stampa internazionale. Questi gli illustri ospiti che hanno partecipato all’evento e le loro provenienze:

dagli Stati Uniti: Mons. Salvatore Cordileone, Arcivescovo di San Francisco; Cav. Josephine A. Maietta presidente della Association of Italian American Educators (AIAE) e conduttrice di Sabato Italiano su WRHU, radio di Hofstra University di New York; Andrew Cotto, scrittore e giornalista del New York Times, nonché direttore della rivista American Italia; Elizabeth Nicolosi, autrice del volume “It Happened in Italy…”, fondatrice del programma internazionale “Be the Difference – Never Again”;

dalla Francia: Padre Jean-Robert Armogathe, grande appassionato della cultura italiana e dell’Italia, cofondatore dell’Académie Catholique de France, membro dell’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres e direttore della rivista teologica “Communio”;

dalla Gran Bretagna il direttore della rivista “Londra,Italia”, Francesco Ragni;

dall’Italia la sociologa e scrittrice Delfina Licata, curatrice del Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes (Conferenza Episcopale Italiana); Giovanni Bocco, scrittore e giornalista (TG1, TV2000, rivista Longitude); Armando Torno, editorialista del Sole 24 Ore e del Corriere della Sera;

dalla Svizzera si attendeva l’on. Simone Billi, parlamentare in carica e candidato alla Camera nella Circoscrizione Europa, il quale impegnato negli ultimi giorni di campagna elettorale è stato rappresentato da una sua delegata a portare il saluto.

Gli incontri ed il Convegno sono stati moderati dal giornalista Armando Torno. Tutti gli eventi in programma hanno avuto un’ampia copertura sui media, grazie a giornalisti ed operatori della stampa di 18 testate provenienti da 11 Paesi. Riflettere sul ruolo degli italiani che vivono e lavorano all’estero e creare una rete e un network tra gli italiani nel mondo. Questo l’obiettivo delle tre giornate di Italia Eterna che, dagli esiti della manifestazione, ha marcato un rilevante contributo di approfondimento ed attenzione.

Un’attenzione assolutamente necessaria, specie all’Italia dentro i confini, distratta e poco consapevole delle eccellenti risorse umane presenti nelle comunità italiane nel mondo, come delle straordinarie potenzialità che potrebbero mettersi a frutto e in sinergia se solo l’Italia dentro i confini conoscesse nel profondo, e riconoscesse, quell’altra Italia che vive ed opera all’estero, dando del Paese la migliore immagine per laboriosità, talento e creatività, e così onorando l’Italia.

Sono circa 6 milioni, secondo la Fondazione Migrantes, gli emigrati italiani iscritti all’Aire, l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero, circa il 10% della popolazione italiana. Ma il dato è limitato a coloro che hanno la doppia cittadinanza e il diritto di voto nelle Circoscrizioni all’Estero per eleggere la rappresentanza parlamentare di 8 deputati e 4 senatori, esercitato nel voto in questi giorni. 

Ma in realtà gli italiani fuori dai confini sono molti di più e l’Italia conosce ancora poco la storia e la realtà dell’emigrazione, dalla costituzione dello Stato unitario nel 1861 ai giorni nostri. Un fenomeno rilevante, dal punto di vista politico economico e sociale, storicamente trascurato e politicamente talvolta pressoché rimosso. La nostra Storia nazionale dedica all’emigrazione italiana un’attenzione minima, residuale. Sui testi scolastici è del tutto assente o, se presente, relegata in poche pagine marginali.

C’è dunque assoluta necessità, se l’Italia vuole davvero conoscere e riconoscere l’altra Italia – che conta 80 milioni d’italiani nel mondo delle varie generazioni dell’emigrazione – che la storia della nostra emigrazione entri finalmente nella Storia d’Italia, con tutta la rilevanza che le compete, con il suo significato politico e sociale, con la sua dimensione economica e culturale. La storia dell’emigrazione deve dunque entrare nei programmi delle scuole italiane, nei piani di studio delle nostre università.

Sarà bene che le Istituzioni considerino quest’altra Italia, ben più grande di quella dentro i confini, come una parte assai importante per la cultura italiana, per la diffusione della nostra lingua, per la promozione dello stile e del gusto italiano che accompagna il Made in Italy, per le opportunità in campo economico che una così grande e preziosa risorsa di autentici ambasciatori, quali sono i nostri connazionali nel mondo, può rappresentare in un mercato globale.

Giova ricordare a classi dirigenti sovente poco attente all’attualità della nostra emigrazione, ancora giudicata secondo triti stereotipi piuttosto che nella realtà, come gli italiani all’estero hanno conquistato rispetto e prestigio occupando posizioni di rilevanza nelle università, nell’economia, nella ricerca, nell’imprenditoria, nell’arte, persino nei Parlamenti e nei Governi dei Paesi di accoglienza. Ecco, quando l’Italia sarà finalmente capace di riconoscere l’altra Italia in tutto il suo valore, un’altra storia potrà riguardare il nostro Paese, in termini di presenza culturale nel mondo e finanche di peso politico nello scacchiere mondiale, contando 140 milioni d’italiani, di cui 60 dentro i confini e gli altri 80 nel mondo.

E a questi andrebbero aggiunti anche più di un centinaio di milioni di “italici”, così come li definisce Piero Bassetti, i non italiani per sangue e discendenza ma italici per cultura, stranieri che amano l’Italia, ne parlano la lingua, e del Belpaese sono innamorati per le impareggiabili meraviglie artistiche, architettoniche, ambientali e per il patrimonio immenso di cultura che non ha paragoni nel mondo.

Ecco, di questi argomenti si è parlato e riflettuto nell’importante Convegno “La civilizzazione italica nel mondo”, svoltosi nel pomeriggio di Sabato 17 settembre, con la stimolante conduzione di Armando Torno e con gli illuminanti interventi di Delfina Licata – sociologa delle migrazioni, insigne studiosa del fenomeno migratorio italiano, curatrice dell’annuale Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes -, del giornalista del NYT e scrittore Giovanni Bocco, e di Mauro Marabini, perfetto organizzatore ed anfitrione delle tre giornate.

Nel suo intervento Marabini ha sottolineato come “…la civilizzazione italica era già grande all’epoca romana e ha continuato ad esserlo dopo, con il Rinascimento e più recentemente con il Novecento, che è il secolo più ricco di valori italiani esportati: arte, moda, design, enogastronomia e cultura. Essere italiani – ha inoltre annotato Marabini – non è solo un’appartenenza ad una nazione, ma uno stato d’animo, un modo di creare civiltà. Quando si vive all’estero, si ama ancora di più il proprio Paese, si tende a non vederne più i difetti, ma solo le qualità, che sono tante e che ci danno l’impulso di farle conoscere e amare anche dagli altri, che italiani non sono. Oggi sono tante le associazioni, le riviste, le istituzioni e perfino le iniziative individuali, che esaltano l’Italia all’estero.

Ma lavorano un po’ ognuna per conto proprio, quando invece unite sarebbero più autorevoli. Alter Italia è un concetto che ha proprio questa ambizione: creare un legame tra tutte queste realtà per esprimere ancora più incisivamente l’italianità in tutte le sue espressioni e forme e per contribuire all’influenza dell’Italia sul mondo”. Insomma, questa la sintesi d’un progetto di grande respiro che motiva e muove tutte le iniziative di Marabini e della sua creatura Alter Italia, anche attraverso il Convegno internazionale che si ripromette d’essere un appuntamento annuale di significativo valore.

Il programma ha proposto interessanti spunti di riflessione già dal pomeriggio di Venerdì 16 settembre, attraverso il contributo di Mons. Salvatore Cordileone sul tema “Cos’è l’italiano e cos’è l’americano nel mix culturale italo-americano? Alcune riflessioni dall’esperienza personale”, cui è seguito l’intervento “Essere la differenza” della scrittrice Elizabeth Nicolosi e quindi di Josephine A. Maietta – docente, conduttrice radiofonica ed infaticabile Presidente dell’AIAE di New York, vero presidio della lingua e cultura italiana negli States – con la riflessione “Un cuore, due bandiere”, sul tema della valorizzazione di due culture, italiana ed americana, e dell’attaccamento alla Patria italiana di cui andare orgogliosi come alla seconda Patria americana. Non casuale l’appendice musicale con la presentazione della bella canzone “Le luci di New York” interpretata dal suo autore Stefano Spazzi. Un brano, promosso e sostenuto da AIAE, composto dal cantautore per affermare il forte legame che accomuna gli Stati Uniti e l’Italia, grazie al contributo sociale e culturale che gli italiani hanno apportato alla grandezza di quel grande Paese.

Nella mattinata di Sabato tre interessanti interventi, con Padre Jean Robert Armogathe sul tema “Il Grand Siècle dell’Italia in Francia”, sull’intimità delle relazioni culturali e sociali tra i due Paesi neolatini, quindi del direttore della rivista “Londra,Italia” Francesco Ragni su “Expat Italiani nel Regno Unito: mito e realtà”, che ha fatto il punto con assoluta chiarezza sulla comunità italiana in Gran Bretagna, infine l’intrigante intervento di  Andrew Cotto “La gastronomia italiana, ambasciatrice di civiltà”, sulla funzione culturale che la cucina italiana esercita nel mondo. Domenica 18 la Messa nella Cappella del Palace des Ambassadeurs, celebrata da P. Jean-Robert Armogathe, cui è seguita l’escursione oltreconfine con visita a Dolceacqua, tipico borgo medioevale in provincia di Imperia, e al Visionarium, per ammirare in 3D le meraviglie dell’entroterra ligure. 

Merita fare, a questo punto, qualche cenno su Mauro Marabini, deus ex machina di Alter Italia e delle feconde iniziative che promuove. Imprenditore bolognese, Marabini vive nel Principato di Monaco, lavora a Monaco e in Francia. Ha fondato Alter Italia, organizzazione senza fine di lucro, nata per l’amore verso il proprio Paese, per la sua cultura e la sua storia, vista con gli occhi d’un italiano che vive fuori dall’Italia. Alter Italia organizza eventi con lo scopo di riunire tutte quelle realtà animate da italiani che vivono all’estero (gli “expat”), oppure da persone nate all’estero ma con radici italiane, per la valorizzazione dell’Italia e della sua straordinaria cultura. Coadiuvato dalla moglie Liana e da un affiatato gruppo di collaboratori, nel 2019 ha dato vita ad Alter Italia fissandone la sede nello storico Palace des Ambassadeurs di Mentone. “Quando si vive all’estero – è solito affermare Marabini – si vede il Paese d’origine con altri occhi, si prova un patriottismo più profondo, si ha più amore per l’Italia ma si capiscono anche tante cose, tra l’altro come migliorare tanti aspetti critici e le cose che non vanno”. Due sono gli eventi di maggior rilievo che Alter Italia organizza nel corso dell’anno: la Conferenza estiva, che ha luogo in Settembre, e il Salone della stampa italiana all’estero, che si tiene in Ottobre. Nel mese di Aprile, inoltre, viene organizzata una mostra d’arte sul tema “Italia” e a Giugno viene celebrato il Premio Alter Italia, conferito all’organizzazione che più si è distinta nel promuovere la cultura e la lingua italiana.

Ma i dettagli biografici di Mauro Marabini li lasciamo alle sue parole, così come egli stesso si racconta sul sito web di Alter Italia. “Nato, tanti anni fa e cresciuto a Bologna, mi sono laureato a Firenze, in Scienze Politiche. In tempi “non sospetti”, quando questa facoltà era roba seria: preparava gente per la diplomazia e dava una base solida di studi. Per anni sono stato impegnato nell’azienda di famiglia, Calzaturificio Magli, che produceva scarpe di lusso da donna. Ho creato e sviluppato una catena di negozi in Italia e fatto joint-venture per la costituzione di negozi all’estero. Ho creato la linea maschile Magli Uomo, ma anche linee secondarie, come Opera (scarpe da donna per i piedi difficili) e Bulldog (scarpe sportive), che ho dedicato al mio amatissimo bulldog inglese – il primo di una serie. All’inizio degli anni Novanta ho lasciato il Calzaturificio Magli e insieme a mia moglie Liana ho acquistato il Grand Hotel Duomo di Milano, sviluppando in contemporanea anche la nostra casa editrice (Liamar Editions) e una libreria storica nel centro di Bologna. Abbiamo vissuto qualche anno a Milano, poi abbiamo deciso di venire a vivere nel Principato di Monaco. Non per una ragione di tasse (pagavamo e paghiamo tutt’ora parecchie tasse in Italia e in Francia), ma per la qualità di vita che questo Paese offre. Non mi sono mai pentito di questa scelta. Qualche anno dopo abbiamo venduto il Grand Hotel Duomo di Milano e comprato un albergo sulla Costa Azzurra (Grand Hotel des Ambassadeurs, ndr). L’abbiamo tuttora, lo apriamo solo in estate, da aprile ad ottobre. E’ dedicato all’arte e alla cultura in generale.” Insomma, Mauro Marabini è davvero un autentico mecenate della cultura e dell’arte italiana, un eccezionale promoter dell’Italia.

Vogliamo chiudere questa nota con il commento su Italia Eterna che Delfina Licata ha rilasciato affidandolo alle onde radiofoniche di Sabato Italiano, la trasmissione che Josephine Maietta conduce sull’emittente WRHU di Hofstra University di New York. Una radio molto apprezzata e seguita non solo negli Stati Uniti, ma anche all’estero, premiata nel 2021 con il prestigioso World Radio Day Award, il più alto riconoscimento che viene conferito in occasione della Giornata mondiale della Radio istituita dall’Unesco.

Ciao Josephine, un saluto a tutti gli ascoltatori del tuo programma Sabato Italiano. Sono Delfina Licata della Fondazione Migrantes (CEI), sociologa delle migrazioni. Abbiamo trascorso insieme, in Francia, le bellissime giornate del convegno di Alter Italia, di formazione e di confronto, durante le quali è emerso un grande elemento che ci deve accomunare, per creare reti e sinergie con le nostre diverse competenze, sia per quanto riguarda i nostri profili professionali che le nostre appartenenze geografiche. Tutti insieme, da diversi luoghi del mondo, studiamo e ci confrontiamo su questo grande tema che è l’Italia fuori dell’Italia. E tutte le caratteristiche, le opportunità e le ricchezze che l’essere italiani fuori dai confini può portare all’Italia come grande eredità, ma soprattutto al mondo. Essere italiani è una grande fortuna e una grande responsabilità. E questo è quanto emerso in queste giornate. Il più delle volte in Italia questa opportunità non la si considera ed è arrivato il momento di pensare a quanto invece la nostra presenza fuori dai confini nazionali può portare e restituire a livello culturale, a livello di fama, a livello di grandi cose – dalla creatività alla competenza –  sia al nostro Paese, per cambiare un po’ l’andamento negativo di questi ultimi anni, e sia al mondo intero, perché oggi effettivamente ci distinguiamo per tutta una serie di caratteristiche che portano alto il nome dell’Italia. E questo grazie alle grandi protagoniste e ai grandi protagonisti che da sempre, nel tempo della grande emigrazione, e ancor più oggi con la nuova mobilità dall’Italia, sono andati fuori dai confini nazionali per lavorare e per vivere, restituendo credibilità e prestigio al nostro Paese. Quindi, con profondo senso di gratitudine alle ascoltatrici e agli ascoltatori di Sabato Italiano, che fanno parte della comunità italiana di New York, e degli italo-discendenti e quindi della comunità italoamericana, esprimo un grande grazie per quanto fanno in onore dell’Italia, con la speranza di vederci presto. Un affettuoso saluto, cara Josephine, a tutti gli ascoltatori di Radio Hofstra.”

Con l’intenso messaggio di Delfina Licata ai nostri connazionali di New York concludiamo questa nota che intende sottolineare il valore dell’iniziativa Italia Eterna, rilevando con soddisfazione il successo della manifestazione attraverso i resoconti stampa e, de relato, dalle testimonianze di alcuni degli stessi protagonisti. Un eccellente esempio di best practice nella valorizzazione del Sistema Paese, attraverso la rete delle comunità degli italiani nel mondo.




IL GRAN DUO ITALIANO debutta in Indonesia

La musica del ‘900 napoletano per violino e pianoforte trionfa a Jakarta e Yogyakarta

Jakarta, 6 settembre 2022. È appena rientrato in Italia il Gran Duo Italiano, composto dal violinista Mauro Tortorelli e dalla pianista Angela Meluso, reduce dal debutto in Indonesia, dove ha tenuto diversi concerti a Jakarta e Yogyakarta su invito di Maria Battaglia, direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Jakarta, e dell’Ambasciata d‘Italia. Il Duo ha inoltre svolto un seminario-concerto sulle “Riscoperte musicali del ‘900 napoletano per violino e pianoforte” ed una master class di violino, pianoforte e musica da camera presso l’Universitas Negeri Fakultas Bahasa dan Seni di Yogyakarta.

Un’occasione straordinaria, per i due artisti, che ha visto letteralmente trionfare la musica italiana del ‘900, ed in particolare quella napoletana, in prima esecuzione assoluta in Indonesia. Il 26 agosto scorso, infatti, il Gran Duo Italiano ha avuto l’onore di rappresentare l’Italia nel Festival “Rapsody of the Archipelago”, organizzato in occasione della Presidenza indonesiana del G20 e del 77° Anniversario dell’Indipendenza Indonesiana, nella sontuosa ambientazione del Taman Mini a Jakarta, alla presenza del Presidente della Repubblica d’Indonesia, di Ministri e Ambasciatori.

Di grande interesse didattico è stato il seminario-concerto tenutosi presso l’Universitá della Musica a Yogyakarta, che ha visto partecipare numerosi studenti, curiosi ed entusiasti di conoscere la musica italiana riscoperta e documentata dal Duo e che ha coinvolto l’attenta platea di giovani musicisti indonesiani al primo ascolto, tra applausi scroscianti e sorrisi emozionati. A seguire un’intensa e produttiva master class che ha reso possibile un contatto prezioso ed un proficuo confronto con giovani strumentisti, rispettosi e desiderosi di ascoltare ed applicare i consigli dei Maestri Tortorelli e Meluso. Al termine della master class, alcuni di loro hanno espresso il desiderio di proseguire gli studi in Italia per continuare ad apprendere la prassi esecutiva dell’interpretazione musicale occidentale.

L’affascinante esperienza a Yogyakarta si è conclusa l’indomani con il concerto del Gran Duo Italiano, tenutosi presso la Concert Hall dell‘Università gremita di un pubblico giovane ed entusiasta. Il programma eseguito ha omaggiato molti dei compositori napoletani che sono stati oggetto di ricerca, studio ed incisioni discografiche in prima mondiale, come Gaetano Fusella, Francesco Santoliquido, Alfredo D’Ambrosio ed Emilia Gubitosi. Questi compositori rappresentano senza dubbio la testimonianza della grande scuola napoletana che nei primi anni del ‘900 ha avuto grandi difficoltà ad imporsi nel panorama musicale, nonostante l’indiscutibile spessore artistico e la particolare importanza che detiene in campo musicologico.

Ne è un chiaro esempio il compositore napoletano Francesco Santoliquido (San Giorgio a Cremano, 1883 – Anacapri, 1971) che, dopo gli studi a Roma, si trasferì in Tunisia dal 1912 al 1921 dove fondò una Società di concerti e nel 1927 una Scuola di musica che poi divenne Conservatorio. Nel 2022 il Gran Duo Italiano, insieme alla giovane violoncellista Federica Del Bagno, incide per l’etichetta Brilliant Classics le sue opere per violino e pianoforte, violoncello e pianoforte, trio e pianoforte solo. Emilia Gubitosi (Napoli, 1887-1972), pianista e compositrice napoletana, allieva di Beniamino Cesi, Camillo De Nardis e Nicola D’Arienzo presso il Conservatorio “San Pietro a Majella” di Napoli, fu la prima donna italiana a conseguire il diploma in composizione nel 1906 a seguito di una speciale autorizzazione da parte del Ministro. Fu, tra l’altro, la cofondatrice dell’Associazione Alessandro Scarlatti di Napoli.

Gaetano Fusella (1876-1973), violinista e compositore napoletano, fu docente di violino presso il Conservatorio “San Pietro a Majella” di Napoli, sostituendo l’importante ruolo didattico del suo Maestro Eusebio Dworzak. Nel 2010 il Duo riscopre, cataloga ed incide i manoscritti del Maestro partenopeo G. Fusella in un Cd monografico per l’etichetta discografica Tactus, ottenendo sempre grande successo di pubblico e di critica in trasmissioni radiofoniche (Rai Radio3 Suite, Primo movimento Rai Radio3, Radio Malta, Radio France, Radio Vaticana) e recensioni 5 stelle su riviste specializzate: Musica, Amadeus, Fanfare, Harmonia Mundi, Gramophone, Diapason. Di prossima uscita è il cofanetto composto da ben 3 Cd dedicato ai 44 brani per violino e pianoforte (integrale per violino e pianoforte) di Alfredo D’Ambrosio (Napoli, 1871 – Nizza, 1914), il quale studiò composizione sotto la guida di Enrico Bossi presso il “San Pietro a Majella” di Napoli e successivamente a Madrid con Pablo De Sarasate e a Londra con August Wilhelmj. Si stabilì, poi, definitivamente a Nizza, dove compose gran parte delle sue opere e si dedicò all’insegnamento.

Di ritorno da Yogyakarta, il Gran Duo Italiano ha concluso nella capitale Jakarta il suo tour indonesiano con un concerto presso la splendida Soehanna Hall, alla presenza di un pubblico incantato dalla bellezza della musica eseguita, al quale sono stati concessi ben due bis, il primo dei quali ha rappresentato una vera e propria sorpresa emozionante per tutti, ovvero l’esecuzione di “Rayuan Pulau Kelapa” una delle melodie indonesiane più rappresentative d’una cultura ricca di storia e di fascino, che fa del motto “uniti nella diversità “ il suo proposito per il presente e per il futuro. Come secondo bis il Duo ha eseguito le Variazioni di Nicolò Paganini sul tema anonimo “O mamma, mamma cara” del Carnevale di Venezia, una delle melodie italiane più conosciute al mondo, che ha suggellato ulteriormente il gemellaggio musicale tra i due Paesi. Insomma, un’esperienza professionale ed umana, per il Gran Duo Italiano, assolutamente sorprendente in quanto intrisa di grande spiritualità. Si sono poste le premesse per future occasioni di scambio culturale dove la necessità incontra l’opportunità di crescere, insieme.

Goffredo Palmerini




ACHILLAIVE MUSIC FESTIVAL. Al via a settembre

Chieti, 1° luglio 2022 – Si svolgerà il 23, 24 e 25 settembre a Porta Pescara la prima edizione di Achillaive a settembre la prima edizione dell’Achillaive Music Festival, rassegna ideata dall’associazione ScopriTeate, in collaborazione con l’Amministrazione comunale. Oggi la presentazione con l’assessore agli Eventi Paolo De Cesare, la presidente dell’associazione Concetta De Sanctis, la consigliera Alberta Giannini, i presentatori e gli altri motori organizzativi dell’associazione.

“Siamo aperti alle iniziative che arrivano dalle associazioni – così l’assessore agli Eventi Paolo De Cesare – perché arricchiscono la città e rendono possibile la ripresa di una socialità che sarà fondamentale da qui agli anni futuri. La musica, come il teatro e la goliardia che accompagna gli eventi di ScopriTeate sarà un’occasione di dare voce, letteralmente, ai talenti di cui la nostra città è piena, sono certo che ne scopriremo di nuovi e che l’evento ci sorprenderà, regalando alla città animazione e arricchendo ulteriormente anche il calendario degli eventi settembrini, buona parte del mese è storicamente dedicata a Chieti Scalo con il settembre Scalino, questo alla fine di un’estate che sarà ancora più animata di quella dello scorso anno”.

Chieti vanta manifestazioni che hanno fatto la storia delle kermesse musicali outdoor in Abruzzo, già a partire dalla metà degli anni novanta ricordate le serate musicali al campetto della Villa Comunale?) – ricorda la presidente dell’associazione ScopriTeate Concetta De Sanctis – Il progetto Achillaive ha l’ambizione di riportare di nuovo la musica dal vivo, ma con finalità non solo di puro intrattenimento. Si tratta di un progetto a lungo termine come quello del Palio de lu Ricchiappe; che vuole muoversi e arricchirsi qualitativamente e quantitativamente negli anni a venire. Una finalità che ci è piaciuto condividere con l’Amministrazione comunale, per far sì che anche Achillaive diventi patrimonio della città. Si parte a fine settembre, la location

scelta è Largo di Porta Pescara, uno dei luoghi più belli della nostra città, ricco di attività enogastronomiche. Si spera che un giorno si possano occupare spazi importanti e altrettanto belli come l’arena della Civitella. Nel dettaglio si tratta di un Festival musicale nel quale si esibiranno dal vivo Band che parteciperanno gratuitamente, che avranno circa 25 minuti a disposizione per la preseguire un brano inedito. Alla giuria il compito di valutare e decretare la Band vincitrice che verrà premiata domenica 25 settembre”.

Come partecipare. Il brano inedito, dovrà essere inviato all’organizzazione – come da regolamento – e farà parte di una compilation (cd) registrata e prodotta dall’organizzazione stessa. Oltre al premio per il miglior brano inedito,sarà premiata anche la migliore esibizione dal vivo. “FUORI DAL CORO” è un premio speciale, un meritato riconoscimento a profili illustri di personaggi che si sono distinti nel campo della musica pur non essendo necessariamente musicisti o interpreti. I termini per le iscrizioni sono indicati nel regolamento pubblicato sui canali ufficiali social (FB e Instagram) di “achillaive”. La mail ufficiale è achillaive@gmail.com, sono aperte le iscrizioni a partire dal 4 luglio 2022. Ciascuna richiesta verrà presa in considerazione e confermata dallo staff.




DAGLI USA delegazione NIAF

Incontro con i vertici regionali di Abruzzo e Toscana

Pescara, 11 giugno 2022. La Niaf è il più importante punto di riferimento per gli oltre 20 milioni di cittadini degli Stati Uniti che vantano origini italiane. Scopo della Niaf, nata nel 1975, è quello di promuovere la storia, la lingua e la cultura dell’Italia negli Usa. Della Fondazione fanno parte imprenditori, uomini della cultura e appartenenti allo star system tutti orgogliosi delle loro origini italiane. Quanto sia forte il legame che unisce gli italoamericani alla Patria di origine lo si è visto in tutte le occasioni in cui ci sono state calamità che hanno colpito il nostro Paese: si pensi al terremoto dell’Aquila e a quello dell’Umbria. Ecco in questi due casi la Niaf si è fatta carico di inviare fondi per il restauro di alcuni edifici del centro a L’Aquila e la costruzione di una scuola a Norcia. La delegazione composta da imprenditori di origini di alcune regioni del centro e Sud Italia, sarà guidata dal chairman Robert Carlucci dal presidente Robert Allegrini e dal vice chairman esecutivo John Calvelli. Ogni anno la Niaf sceglie una Regione Italiana per rinforzare i legami tra i discendenti degli emigrati e le loro terre d’origine. Prima del covid, è stata la volta del Molise e ora dopo lo stop della pandemia durato due anni, è la volta dell’Abruzzo e della Toscana. L’Abruzzo “regione d’onore 2021” che quindi dopo la pandemia finalmente può essere visitata e ora la Toscana “regione d’onore 2022”. La delegazione della Niaf dopo essere stata ricevuta dall’incaricato d’affari ad interim dell’ambasciata degli Stati Uniti, Thomas D. Smitham si incontrerà il 13 giugno con il presidente dell’Abruzzo, Marco Marsilio, con il presidente del Consiglio regionale Lorenzo Sospiri e con il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi. Il 14 sarà la volta delle massime autorità universitarie e scientifiche abruzzesi. A palazzo Camponeschi a L’aquila ci sarà una riunione con i Magnifici Rettori delle Università e dei centri di ricerca d’Abruzzo: di quella de L’Aquila, di Chieti Pescara, di Teramo e del Gran Sasso Scienze Institute, rispettivamente: il professor Edoardo Alesse, il professor Sergio Caputi, il professor Dino Mastrocola e il professor Eugenio Coccia. Il 17 giugno, la delegazione Niaf sarà a Firenze avrà un confronto con il Presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani. Il 20 di giugno, ultimo giorno di soggiorno della delegazione, il chairman Carlucci, accompagnato dal presidente Allegrini, deporrà una corona di fiori sulla tomba del Milite ignoto all’Altare della Patria a Roma. Roma, 11 giugno 2022. L’Addetto Stampa Eugenio Parisi




IN ARGENTINA, riunione della Fedamo dopo due anni

Il 30 aprile 2022, nella città di Campana nella provincia di Buenos Aires, è tornata a riunirsi l’Assemblea generale della Federazione delle Associazioni Abruzzesi in Argentina (FEDAMO), dopo due anni senza riunioni in presenza a causa del Covid-19. Le 14 Associazioni Abruzzesi hanno presenziato la riunione che si è tenuta nella sede del Circolo Ricreativo Abruzzese di Campana, dove il suo presidente Enzo Di Lallo, dopo aver dato il benvenuto a tutti i rappresentanti delle Associazioni arrivati da tutto il paese, ha ceduto la parola al Presidente della FEDAMO e Vicepresidente del CRAM Cav. Marcelo Castello.

Il Presidente Castello, prima di dare inizio all’assemblea, ha chiesto un minuto di raccoglimento per tutte le vittime della pandemia e, soprattutto, per tutti i soci delle Associazioni Abruzzesi che non erano presenti a causa di questa tragedia che ha devastato il mondo intero. Ha poi messo in risalto l’importanza di poter tenere questa riunione e ha espresso la sua allegria per poter incontrare tutti gli abruzzesi dopo due anni senza incontri in presenza.

Nel corso dell’incontro sono stati menzionati i progetti approvati dalla Regione Abruzzo negli anni 2020 e 2021 e la esecuzione di uno dei progetti condotto dal giornalista Gianfranco Di Giacomantonio. Il consigliere CRAM dr. Federico Mandl ha spiegato l’inconveniente che ancora non ha consentito di portar a termine il progetto di Annunziata Scipione e di Altro Abruzzo a causa del Covid-19. Ha fatto poi presente il problema del funzionamento del Consiglio Regionale Abruzzesi nel Mondo (CRAM) che doveva riunirsi all’inizio di giugno nella città di Vasto ed è stato rinviato.

A seguire ha preso la parola il dr. Maximiliano Manzo (Consigliere CRAM) che ha spiegato un altro dei progetti approvati dalla Regione che è “El Vestido de Dora” prodotto dallo stesso, un documentario su una storia d’emigrazione in Argentina che è già stato presentato in diverse località del paese e che continuerà ad essere presentato anche dopo l’assemblea.

Infine, prima di concludere la riunione, il Presidente della FEDAMO ha spiegato nei dettagli il progetto “FAMILIA PAONE” di Stefano Angelucci presentato dalla FEDAMO alla Regione Abruzzo, che parla di una famiglia abruzzese in Argentina, una pièce che verrà messa in scena in tutti i teatri delle Associazioni Abruzzesi del paese nel mese di novembre di quest’anno.

Prima del pranzo con la tipica lasagna della Associazione Abruzzese di Campana è stato presentato il docufilm di Maxi Manzo “El Vestido de Dora” come già detto, e due artisti di origine abruzzese hanno omaggiato i presenti con alcuni pezzi musicali. Il presidente della Federazione Cav. Marcelo Castello ha voluto festeggiare l’unione di tutti gli Abruzzesi in Argentina attraverso la FEDAMO che ha più di 50 anni di storia, e ha messo in risalto la presenza di molti giovani che con il loro lavoro fortificano tutte le istituzioni, contribuendo a preservare le radici e a diffondere la cultura abruzzese nel Paese.




NOMINA NEL BOARD AIAE  Per Goffredo Palmerini

New York, 9 maggio 2022. Prestigiosa nomina a New York per il giornalista e scrittore aquilano Goffredo Palmerini. L’AIAE (Association Italian American Educators), istituzione culturale composta da italianisti, intellettuali ed accademici operanti nell’area di New York, presieduta dalla docente e giornalista Cav. Josephine Buscaglia Maietta, ha infatti nominato Palmerini nell’ Advisory Board, quale componente dell’organismo direttivo.

Dell’Advisory Board, il Consiglio dell’associazione che con l’Executive Board e il Committee Chairs costituisce la governance dell’istituzione, fanno parte figure di primo piano del mondo culturale ed accademico della Grande Mela. Nell’organismo Palmerini – l’unico non residente negli Stati Uniti – sarà insieme a Mario Fratti, anch’egli aquilano (nato a L’Aquila nel 1927) che vive a New York dal 1963, docente emerito della Columbia University e dell’Hunter College, tra i drammaturghi più famosi attraverso le sue commedie, tradotte in ventuno lingue e rappresentate nei teatri di tutto il mondo.

Questa l’attuale composizione dell’Advisory Board: Vito DeSimone (Stony Brook University) – Maria Palandra (rettrice Scuola d’Italia, New York) – Salvatore LaGumina (State University New York) – Leopoldo Cimini – Robert Alfano (City College New York) – Mario Fratti (drammaturgo) – Tony Lo Bianco (attore) – Pellegrino D’Acierno (Hofstra University) – Angelo Gimondo (presidente Italian Heritage & Culture Commettee, New York) – Anthony Tamburri (direttore Calandra Italian American Institute) – Fred Gardaphe (Queens College CUNY) – Joseph Scelsa (presidente Italian American Museum) – Daniela Gioseffi (scrittrice) – Irma Evangelista (docente) – Carmela P. Leonardi (docente) – Joseph Leonardi – Goffredo Palmerini (giornalista, scrittore) – Ferdinand J. Visco (cardiologo).

AIAE (https://www.aiae.net) ha per scopo la promozione della cultura italiana e italoamericana specie verso le giovani generazioni, con borse di studio, stage, programmi di lavoro estivi e contratti di lavoro a breve termine per gli studenti. E’ stata fondata, ed è organizzata, da un gruppo di insegnanti e professori italoamericani, con lo scopo di valorizzare l’immagine e la presenza italoamericana nel mondo accademico.

AIAE promuove, infatti, politiche educative e nel campo della formazione universitaria che abbiano riflessi positivi sugli italoamericani; sostiene l’istruzione con progetti pertinenti; favorisce lo sviluppo professionale dei docenti; sponsorizza il Programma Ponte Scholarship Program, un corso di studi sull’Italia contemporanea a Roma o in altre città italiane, pensato per studenti di università e scuole superiori italoamericane. Infine, conferisce riconoscimenti e premi d’eccellenza ad educatori italoamericani e leader della comunità per i risultati conseguiti nella loro professione.




Il Summit di Versailles

Riferimento lontano da fraternità, libertà e democrazia

Chieti, 12 marzo 2022 –

Summit di Versailles con Mosca bandita da ogni rapporto economico con l’occidente. Decisioni forti, provvedimenti d’emergenza, forse anche necessarie, comunque solo palliativi per alleviare il dolore delle attuali ferite

Decisioni che, comunque, non aiutano a guarire da quel grave male della condivisione perversa e disturbata di cui soffre il popolo europeo. Un popolo ancora diviso fra chi gode nella ricchezza sfrenata e chi soffre vicino nella miseria oscura; fra chi domina con subdoli sistemi, violenza varia e sfruttamento e chi invece subisce, dipende ed è costretto all’inquietante obbedienza.

Un popolo che vaga fra gli effetti del delirio di supremazia dell’élite, dell’oligarchia e delle classi abbienti e la silente lucidità ed il buon senso delle genti umili e bisognose.

Versailles, luogo d’antica, bizzarra ed iniqua memoria per un mondo in evoluzione e che si crede moderno. Versailles riferimento lontano, se non antitetico, per ambire e progettare una vera idea di fraternità, libertà e soprattutto democrazia.

Cambiare indirizzo, cambiare metodo, cambiare ogni distorto pensiero e soprattutto cambiare riferimenti per non rischiare maldestri ed improvvisi ritorni al passato.

NM