Rebuilding the Edge, il progetto pilota di Liminal Lab fra Valle Peligna ed Alto Sangro
Cosa ci fa un gruppo studenti americani da dieci giorni fra Valle Peligna ed Alto Sangro? A svelare il segreto ci pensa Ginevra D’Agostino, presidente di Liminal, associazione che si focalizza sulle problematiche delle aree interne e i piccoli comuni italiani. Liminal, fondata insieme a Nicolás Delgado Alcega e Carmelo Ignaccolo, è nata dal desiderio di supportare i comuni medio-piccoli d’Italia spesso alle prese con lo spopolamento e l’assenza di produzione di beni e servizi.
Questo quadro socioeconomico è reso ancora più complesso dal degrado delle infrastrutture e dal rafforzamento dei fattori di rischio ambientale, che generano una allarmante marginalizzazione delle popolazioni residenti.
“Siamo entrati in contatto con il Comune di Pettorano sul Gizio con cui stiamo curando da tempo già diversi tipi di iniziative – racconta proprio Ginevra D’Agostino – Abbiamo anche lanciato un’ulteriore iniziativa che si chiama Liminal Lab, un laboratorio di ricerca decentralizzato sul territorio italiano che ha l’obiettivo di documentare, analizzare e proporre soluzioni per lo sviluppo sostenibile delle aree extra metropolitane.
Il progetto pilota di Liminal Lab, è appunto Rebuilding the Edge (Ricostruire le aree di confine) che trova coinvolti la Fondazione F.S., il MIT–Italy ed il MIT UrbanRisk Lab. Grazie a questi player internazionali, 18 studenti del MIT stanno partecipando a Rebuilding the Edge. Rebuilding the Edge si focalizza sulla elaborazione di visioni progettuali per le stazioni ferroviarie oggi in disuso, così come le connessioni tra stazioni, percorsi naturali e centri abitati lungo la tratta ferrata Sulmona–Carpinone”. Ma in cosa consiste in concreto questo studio? “Il workshop si focalizza su sei argomenti che hanno forti sinergie tra di loro, i quali consentiranno di esplorare le tematiche comuni delle comunità lungo la tratta ferroviaria ed analizzarle su sei scale diverse-ha proseguito Ginevra D’Agostino-. Gli studenti affronteranno argomenti che spaziano dalla mobilità lungo la tratta ferrata ed il suo potenziamento, ad uno studio sul potenziale dell’ecoturismo nella Valle Peligna”.
Nel team di insegnamento vi partecipano Ginevra D’Agostino (Presidente di Liminal), Miho Mazereeuw (direttrice del MIT UrbanRisk Lab), Caitlin Muller (direttrice del MIT Digital Structures Lab), Nicolas Delgado Alcega (Vicepresidente di Liminal), Carmelo Ignaccolo (Vicepresidente di Liminal e ricercatore in urbanistica al MIT), Chiara Romano Bosch (socia di Liminal ed ufficiale di interazione militare umanitaria presso il World Food Program), e Elena Militello (Socia di Liminal e presidente di South Working). “Ogni gruppo di studenti ha al suo interno un urbanista, un architetto ed un ingegnere, che lavorano insieme per documentare la situazione del territorio che studiano-ha aggiunto Ginevra D’Agostino
Molte volte nella ricerca le tematiche di cui parliamo vengono viste da lontano, mentre la nostra iniziativa è stata volta a portare studenti sul territorio a capire di cosa stanno parlando e cercare di farli ragionare sia sulle criticità che sulle potenzialità che esistono qui, e che molte volte non vengono considerate come dovrebbero essere”. Gli studenti del MIT di Boston sono arrivati a Pettorano sul Gizio, Comune dove soggiornano, oltre che essere parte del territorio dove ‘affondano’ gli studi delle proprie ricerche, il 10 giugno scorso, e ripartiranno il prossimo 25 giugno.
“Alla fine di queste due settimane essendo un periodo limitato, e non un intero semestre di studio, quello che realisticamente riusciremo a raggiungere è una documentazione di queste criticità ed opportunità, ed un inizio di alcune progettualità – ha sottolineato Ginevra D’Agostino – L’obiettivo è quindi quello di avanzare delle proposte, per esempio come connettere i diversi circuiti naturalistici, o cosa dovrebbe avere in termini di servizi una stazione ferroviaria come quella di Castel di Sangro. Il tutto tenendo conto dell’importanza della documentazione e della ricerca preliminare, perché adesso che stanno uscendo molti bandi e dunque diversi finanziamenti, quello che manca molte volte è la ricerca iniziale per poi arrivare ad un’idea abbastanza strutturata per il territorio analizzato”.
L’associazione Liminal è entrata in contatto con il territorio della Valle Peligna grazie ad un rapporto creatosi con Giuseppe Bono, albergatore di una struttura storica e molto conosciuta a Sulmona, con quest’ultimo che a sua volta ha fatto da trait d’union con Mario Finocchi, presidente dell’associazione Valleluna, che ha sede a Pettorano sul Gizio. “Per noi è stato fondamentale avere un partner come la Fondazione Ferrovie dello Stato Italiane che ci ha supportato nel portare avanti le nostre iniziative di ricerca – ha proseguito Ginevra D’Agostino. Determinante è stato poi essere sufficientemente accreditati al MIT di Boston, avere il supporto di MIT Italy e poi la connessione avuta con Giuseppe Bono e Mario Finocchi, che ha fatto di questa iniziativa una vera collaborazione tra le realtà del territorio ed enti di livello nazionale e internazionale”. Quello che si concluderà il prossimo 25 giugno è il progetto pilota di Liminal Lab. “Fra le amministrazioni che hanno collaborato fattivamente alla buona riuscita finale di questo progetto va segnalata anche quella di Sulmona che ha fornito una logistica per presentare una parte dei lavori; quindi, il territorio ha risposto in modo entusiasta” ha chiosato Giuseppe Bono. “Questo progetto è un test nel test – ha concluso Ginevra D’Agostino – Da un lato c’è la ricerca che verrà fatta da questo progetto ma dall’altro c’è anche il progetto stesso, che riutilizza la stazione di Roccaraso come un hub per lavoro e ricerca, e sperimenta nuovi modi di vivere i borghi montani.
Questo è un tema molto importante e discusso in Italia e all’estero. I 18 studenti del MIT stanno vivendo per tutto il periodo del workshop a Pettorano sul Gizio proprio per comprendere quali potrebbero essere le condizioni necessarie da creare per proporre dei modelli di vita attrattivi capaci di supportare un parziale ripopolamento. Questi due aspetti che Rebuilding the Edge sta testando sta già trovando il giusto riscontro nel mondo dell’architettura e delle Università internazionali, e sono convinta che al termine dell’iniziativa vi sarà molto materiale stimolante da poter condividere con chi come noi crede in un modello si sviluppo diffuso sul territorio italiano”
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