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LA “VATTUTE DE CAPE D’ANNE” A CANSANO

… e residui della “festa degli innocenti” in abruzzo

[Pubblicato in “Rivista Abruzzese” Anno XXXIV N. 1 – 1981 Lanciano pg 81-83.]

Una notizia riferita da Emiliano Giancristofaro (“Totemaje” pg. 133, Lanciano 1979) ed uno scambio di idee avuto sullo stesso argomento con Alfonso Di Nola, mi hanno stimolato ad approfondire l’indagine su una costumanza ancora viva a Cansano (Aq.)[1] e di cui io stesso sono stato anche protagonista negli anni della mia adolescenza.

La sua semplice descrizione è stata accompagnata da alcune osservazioni di carattere antropologico che, è meglio dirlo subito, non hanno alcuna pretesa di essere esaurienti. Esse al contrario vanno integrate ed intese come prima fase di una ricerca, tendente ad individuare le funzioni che soprattutto in passato l’usanza svolgeva nell’ambito di una piccola comunità agro-pastorale, come appunto Cansano.

La mattina del primo gennaio, spentosi l’eco degli ultimi canti di questua iniziati da gruppi di giovani fin dalle prime ombre serali di S. Silvestro, molti ragazzi di Cansano si recano a sorprendere nel sonno parenti anziani, svegliati bruscamente a suon di “bastonate” ed al canto della seguente filastrocca:

Te vatte ‘n cape d’anne, te vatte tutte gli anne

lasse gli vizie viecchie e piglie chigli nuove!

Le bastonate ovviamente sono leggere, anche perché di solito si impugna una “bacchetta o canna” di piccole dimensioni. La persona svegliata, lungi dal protestare, mette mano al portafoglio e, come si dice in gergo, “sgancia il complimento”.

Ancora vent’anni fa circa gli anziani del luogo chiedevano nella serata di S. Silvestro ai loro giovani congiunti di recarsi nella mattina del primo gennaio a svegliarli nel modo descritto. Un mio parente, ancora vivente, mi rimproverò addirittura perché non mi ero recato a bastonarlo.

La stessa bastonatura simbolica, come vedremo fra breve, è effettuata da bambini nei confronti di persone adulte nella Germania meridionale ed in Austria nella mattinata del 28 dicembre, festa degli Innocenti, in cui si commemora appunto la nota strage eseguita su ordine di Erode.

Sembra quindi che il rito sia slittato da noi dal 28 dicembre al primo gennaio, assumendo valori lustrali in concomitanza dell’inizio dell’anno nuovo. La circostanza poi che siano bambini o ragazzi a compiere la ‘bastonatura’, viventi in uno stato di grazia e di innocenza, attribuisce al rito anche una funzione di “magia simpatica”, per cui questo loro status si trasmette anche nelle persone anziane, in una specie di clima di Festum fatuorum in cui i valori sembrano sovvertiti e chi di solito durante l’anno bastona (cioè l’anziano) subisce in tale giorno bastonature.

D’altro canto sembra emergere un altro tassello di quel complesso mosaico che sono appunto le cosiddette “culture di colpa“, in quanto attraverso la finzione dell’espiazione fisica, necessaria per raggiungere uno stato di grazia e di pienezza vitale, si realizza anche una fittizia ridistribuzione della ricchezza, assicurata psicologicamente dall’elargizione di denaro a colui che compie la bastonatura ed appartenente ad un ceto economicamente inferiore.

Il quadro finora descritto offre tuttavia la possibilità di scorgere ulteriori contenuti, che prima di poter apparire sul proscenio delle scienze demologiche reclamano indagini più profonde e sicuri riscontri.

Docteur Cabanès, nella sua opera Les indiscretíons del’Historie (Vol. I, Paris Albin Michel, 1907), segnalatami al riguardo da Alfonso Di Nola, afferma che:

“de même que les processions de Flagellants, la fête des Innocents… ètait 1’occasion d’assez grossières plaisanteries. Presque partout on allait, ce jour-la, surprendre les paresseux dans leur lit, et on leur donnait le fouet. Cette cérémonie s’appellait bailler les innocens, donner les innocens, en un mot innocenter” (D. Cabanès, ivi, p. 166).

Più oltre lo stesso scrittore afferma che nell’ Alfabeto dell’Autore francese, che si trova alla fine delle opere di Rabelais, si fa menzione di un certo “Monseigneur du Ridan”, soprannominato “le fouetter”, che torna da lontano “pour fouetter” una signora di cui si era invaghito (ivi, pp. 167-68). Su questo importante particolare tornerò più avanti.

Come si è detto, la stessa festa è nota nel mondo tedesco con il nome di Unschuldíge-Kinder Tag, cioè la festa degli Innocenti.

Il “Woerterbuch der deutschen Volkskunde”[2]  precisa sotto tale voce che traduco in italiano:

 “Più che in Germania, questo giorno costituisce una festa della gioventù nei Paesi Bassi. In alcune nostre Regioni, come in Svevia, è un giorno in cui si fanno regali. Nella Germania meridionale ed in Austria, dove tale festa è assai popolare, essa è per i bambini Pfeffertag. Con rami verdi, bacchette o piccoli pali, essi percuotono gli adulti ripetendo un ritornello in cui viene chiesto del denaro come riscatto (Loesegeld), cioè come liberazione dalle bastonature (e anche dallo stato di non-innocenza):

Ecco, sono arrivato con la mia verde frusta,

con il mio fresco coraggio. Ti piace il Pfeffertag?

Pfeffer significa letteralmente pepe, ma qui il sostantivo è in relazione con il verbo pfeffern, percuotere con la Labensrute, cioè con la verga della vita, dove Rute significa anche, e ciò è molto significativo, pene.

Sub voce Lebensrute , specifica inoltre l’ Handwoerterbuch der deutschen Volkskunden: “Questa espressione (cioè Lebensrute ) fu coniata dal mitologo Wilhlelm Mannhardt in riferimento ai verdi ramoscelli che apportano crescita, fortuna, fertilità, forza e salute. Nelle credenze religiose e negli usi di alcune feste (Natale, Anno Nuovo, Carnevale, Pasqua, Pentecoste, periodo del raccolto e delle sagre) è assai comune l’usanza di percuotere soprattutto donne e ragazze con bacchette di betulla, nocciuolo, ginepro” [3].

Uno dei verbi, se non il principale, con cui si indica in tedesco tale azione, è appunto pfeffern, letteralmente “pepare”, usato evidentemente in senso figurato nel seguente ritornello:

“Ich pfeffere euere junge Frau        (Io percuoto la vostra giovane signora),

ich weiss, si hat das Pfeffern gern;  (io so che a lei piace essere percossa);

ich pfeffere sie aus Herzensgrund,   (io la percuoto con tutto il cuore),

Gott halte die junge Frau gesund”[4]   (Dio protegga la giovane signora).

Tornando allora a ciò che afferma Docteur Cabanès si è visto come il Sig. du Ridan torni da lontano per “fouetter”, cioè percuotere la signora di cui egli si era invaghito; ma forse era desiderio della stessa donna quello di essere percossa, (ed a ciò allude chiaramente il ritornello sopra riferito) per sentirsi in una specie di stato di grazia e pienezza vitale, come dice lo stesso Mannhardt.

La parola Rute infatti, che forma il sostantivo composto ‘Lebensrute’, creato dal Mannhardt, significa verga e pene; in quest’ultimo senso si usa in Abruzzo ed altrove il termine significativo: “mazza”.

Tutto lascia supporre allora, per tornare al rito di Capodanno a Cansano, che il bastone con cui si percuote simbolicamente le persone anziane non sia altro che il mezzo con cui si estrinseca un atto di magia simpatica, diretto ad augurare lunga vita con qualcosa che sia simbolo della vita e sostituito da

una mazza di legno per affinità strutturali.

Solo così si spiega a mio avviso il vivo desiderio dei vecchi e delle donne di essere “battuti” in modo da proiettarsi in uno stato di pienezza vitale nell’incerto futuro della vita.

Certamente ci troviamo di fronte a tematiche complesse, che impongono la necessità di svolgere indagini più profonde sul ruolo che gli organi sessuali hanno svolto in riti e culti preposti alla fertilità, pur nella loro vasta trasfigurazione simbolica subita attraverso i secoli soprattutto in seguito all’azione interdittoria del cattolicesimo.

Per tale motivo questo breve studio non può considerarsi affatto esauriente ed esige ulteriori riscontri ed approfondimenti. Se però è riuscito ad attirare l’attenzione di altri autorevoli studiosi, stimolati da tale circostanza ad intense e più feconde indagini, esso ha raggiunto lo scopo che si era prefisso.

Franco Cercone


[1] Per quanto concerne l’area peligna, l’usanza in questione vigeva fino a qualche tempo fa a Pettorano ed Ateleta, dove veniva cantato lo stesso ritornello di Cansano.

[2]  Stuttgard, A. Kroener Verlag, 1974. Cfr anche Handwoerterbuch des deutschen Aberglaubens, vol. VI, 1572, pubbl. a cura di E. Hoffmann-Krayer ed Hans Baechtold-Staeubli; Berlino 1942.

[3] Ivi, p. 503, sgg. Le percosse fatte oggi a Carnevale con manganelli di plastica costituiscono a mio avviso un residuo di quelle “bastonature simboliche” derivanti dai culti di cui parla il Mannhardt.

[4]  Woerterbuch ecc., s. v  “Pfeffertag”.

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